Si uccide a 11 anni: “Non ce la faccio più ad andare a scuola”

Così come è fondamentale educare i nostri figli al rispetto nei confronti del prossimo, lo è aiutare le vittime e fare tutto il possibile perché recuperino la gioia e la voglia di vivere
Si uccide a 11 anni: “Non ce la faccio più ad andare a scuola”

Ultimo aggiornamento: 22 gennaio, 2016

Oggi vogliamo raccontare una triste storia su cui riflettere: Diego, un bambino di soli 11 anni, ha deciso di togliersi la vita lo scorso 14 ottobre. Il motivo? Era vittima di bullismo.

Tutti noi sappiamo cos’è il bullismo e cosa implicano queste molestie fisiche e psicologiche nella vita delle persone più giovani. Nonostante ciò, è naturale chiedersi: Un bambino così piccolo come è stato capace di prendere questa decisione? In queste situazioni non solo ci sorprende l’atto estremo di una vita così giovane, ma ci domandiamo anche se le istituzioni, come la stessa scuola o i servizi sociali, non avessero capito il dramma vissuto dal bambino.

L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ha pubblicato poco tempo fa una relazione in cui ci svela che ogni anno si suicidano circa 600.000 giovani in tutto il mondo di età compresa tra i 14 ed i 28 anni; almeno nella metà dei casi, si tratta di vittime di bullismo.

È un dramma sociale che tutti dobbiamo comprendere per mettere in pratica le strategie a nostra disposizione.

Oggi dobbiamo conoscere il caso di Diego, questo bambino di Madrid (Spagna) che ha trovato nella morte l’unica soluzione ai problemi della vita.

Il bullismo e l’addio di un bambino speciale

genitori Diego

Diego viveva a Leganés, un quartiere di Madrid dove ha trascorso i suoi 11 anni. Non ha voluto proseguire, non ha voluto crescere, desiderava sono liberarsi dalla sofferenza, dagli attacchi e dalle pressioni a cui era sottoposto a scuola.

E per questo, ha deciso di lanciarsi dal balcone di casa, un quinto piano. C’è chi pensa che il suicidio sia un atto di codardia dovuto all’incapacità di far fronte alle difficoltà della vita. Ma la verità è che nessuno può giudicare o criticare la scelta presa da una persona in un determinato momento.

In questo caso stiamo parlando di un bambino e il fatto acquisisce una sfumatura peggiore. Proprio per questo motivo, negli ultimi giorni i genitori di Diego hanno deciso di pubblicare la lettera d’addio lasciata dal figlio e denunciare il caso dinanzi al presidente della Comunità Autonoma di Madrid e al Ministero della Pubblica Istruzione.

Il caso di Diego: un bravo studente che non voleva andare a scuola

Diego prendeva bei voti, era un bravo studente e i suoi genitori erano orgogliosi di lui. Sua madre spiegava che, a volte, quando lo andava a prendere a scuola, la incitava perché se ne andassero il più in fretta possibile, di correre per fuggire da qualcosa o da qualcuno.

Sembrava felice solo quando arrivava l’estate, quando non doveva stare fra i banchi della scuola a Leganés. I genitori ricordano anche i 4 mesi durante i quali fu afono: un afonia nervosa, diagnosticò il medico, molto probabilmente dovuta ad un trauma.

  • La famiglia non ebbe mai chiaro cosa temesse Diego e quale fosse la realtà che era costretto a vivere in classe.
  • Dal canto suo, la scuola, quando iniziarono le indagini, spiegò che il bambino non presentava nessun problema e che non era stata denunciato nessun episodio di molestie.

Risulta evidente che a volte le risorse di un centro scolastico non sono sufficienti per individuare l’abuso, ma è possibile percepire e vedere la tristezza di un bambino. La vedono i maestri e i compagni, che osservano, ascoltano e non dicono nulla.

Al giorno d’oggi, non c’è nessun responsabile da giudicare o indagare per la morte di Diego; e per questo motivo, i genitori cercano, prima di tutto, di mettere in evidenza la gravità del bullismo, di queste molestie scolastiche che hanno portato via la vita del loro bambino.

La lettera di addio di Diego

bambino che dice stop al bullismo

Diego decise di scrivere una lettera d’addio ai suoi genitori. Sul davanzale della finestra da cui precipitò nel vuoto lasciò una nota che diceva “Guardate  Lucho”.

Lucho era il suo peluche favorito, che nella sua stanza custodiva silenzioso le ultime parole di vita di un bambino di 11 anni infelice, che diceva addio ai suoi cari in modo maturo, ammirevole ed emotivo. Perché Diego era senza dubbio un ragazzino speciale.

Le righe che ha lasciato sono le seguenti:

“Papá, mamma, questi 11 anni che ho trascorso con voi sono stati molto belli e non li dimenticherò mai, come non dimenticherò mai voi. Papà, tu mi hai insegnato ad essere una brava persona e a mantenere le promesse, inoltre, hai giocato tantissimo con me. Mamma, tu ti sei presa cura di me moltissimo e mi hai portato in molti posti. Entrambi siete meravigliosi, ma insieme siete i migliori genitori del mondo.

Tata, tu hai sopportato molte cose da parte mia e di papà, ti ringrazio molto e ti voglio tanto bene. Nonno, tu sei sempre stato molto generoso con me e ti sei sempre preoccupato per me. Ti voglio molto bene. Lolo, tu mi hai aiutato molto con i compiti e mi hai trattato bene.  Ti auguro di poter vedere Eli.

Vi dico questo perché non ce la faccio più ad andare a scuola e non c’è altro modo per non andarci. Per favore, spero che un giorno possiate odiarmi un po’ meno. Mamma e papà vi chiedo di non separarvi, solo vedendovi insiemi e felici, io sarò felice.

Mi mancherete e spero che un giorno potremmo vederci di nuovo in cielo. Adesso, vi saluto per sempre.

Firmato Diego. Ah, una cosa, spero che troverai lavoro molto presto Tata.”

Diego González.

lettera d'addio originale

È impossibile leggere queste righe senza emozionarsi, senza mettersi nei panni dei genitori e immaginare cosa stiano vivendo. Per questo, è conveniente che tutti noi prendiamo coscienza della realtà del bullismo iniziando da questi punti:

  • È vitale educare i nostri figli all’intelligenza emotiva, all’empatia, alla riconoscenza e al rispetto dell’altro come a se stessi.
  • È importante saper intuire e individuare i comportamenti aggressivi in classe, per strada ed in casa e denunciarli.
  • Saper aiutare le vittime senza escluderle, senza isolarle. È necessario saper offrire loro strategie di coping (affrontare le situazioni), aiutarli a rafforzare la propria autostima e a recuperare la gioia di vivere, la voglia di avverare i propri sogni e di costruire il proprio futuro.
  • Capire che il bullismo non avviene sono in classe; attualmente il bullismo viene esercitato anche tramite i social network, questo ciberspazio a cui anche i bambini hanno spesso accesso.

Sappiamo che la morte di Diego non sarà l’ultima, le cifre della OMS ce lo rivelano; tuttavia, speriamo che il numero diminuisca anno dopo anno e che tutti siano partecipi di questa vittoria.


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