
La lingua nera villosa è un disturbo che pur apparendo preoccupante in realtà non rappresenta un grave problema di salute.…
Esistono diversi classificazioni delle fasi del morbo di Parkinson. Quella maggiormente accettata prevede 5 fasi, di cui la prima corrisponde ai sintomi lievi, due ai sintomi moderati e le ultime due a quelli più gravi.
Il Parkinson può avere un decorso molto lento e diverso a seconda della persona. Seppur non riscontrabili in tutti i pazienti, in realtà esistono precise fasi del morbo di Parkinson.
In tutti i casi si presenta un deterioramento progressivo. Grazie all’aiuto di farmaci e terapie di riabilitazione, è possibile rallentare il decorso della malattia, motivo per cui non tutti i pazienti presentano i sintomi più gravi. Scoprite di più sulle fasi del morbo di Parkinson in quest’articolo.
Il morbo di Parkinson è una patologia del sistema nervoso che causa disturbi del movimento. Si tratta di un disturbo degenerativo per cui i neuroni che producono dopamina smettono di farlo.
È considerata la malattia neurodegenerativa più frequente dopo l’Alzheimer. Colpisce ugualmente donne e uomini, in genere dopo i 50 anni di età. I sintomi si presentano in maniera graduale e non esiste una cura definitiva.
Il tremore è il tipico sintomo di questa malattia, anche se a volte è sostituito da rigidità degli arti o da movimenti limitati. Si vedono alterate anche la postura e l’equilibrio, così come la capacità di parlare e di scrivere, e si è più lenti a eseguire i movimenti.
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Esistono diverse classificazioni della patologia, ma la più conosciuta è quella di Hoehn e Yahr, che dividono il morbo di Parkinson in 5 fasi. Le fasi iniziali corrispondono ai sintomi lievi e moderati, le ultime agli stadi più severi. Vediamole nel dettaglio.
È caratterizzata da sintomi lievi, in genere solo tremori in alcune aree specifiche del corpo. La persona può sentire gli arti inferiori pesanti.
Può presentarsi anche una ridotta espressività del volto, un cambiamento quasi impercettibile della postura e minore equilibrio durante la deambulazione. Con un buon trattamento fin dalle prime manifestazioni, i sintomi possono migliorare sensibilmente e ciò consente al paziente di essere autonomo.
Nella seconda fase, i sintomi descritti nella prima fase appaiono intensificati. I tremori e la rigidità degli arti interessano entrambi i lati del corpo, anche se in uno possono essere minimi.
Camminare e mantenere l’equilibrio diventa sempre più difficile. Molto spesso si parla con fatica e sono evidenti le difficoltà a eseguire attività di tipo fisico. Ciononostante, l’individuo è ancora autonomo.
I sintomi si fanno evidenti e la persona farà fatica a camminare in linea retta. I riflessi sono ridotti e appaiono seri problemi di equilibrio.
La maggior parte dei compiti quotidiani risultano impossibili per il paziente, che riesce a portare a termine solo i più semplici ed è sempre meno autonomo. Nelle fasi due e tre, l’efficacia dei medicinali comincia ad avere minore durata, rendendo obbligatorio un costante aumento delle dosi.
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La fase 4 e 5 sono considerate le più gravi. A questo punto l’autonomia è notevolmente compromessa e i sintomi sono chiaramente visibili.
La persona cammina ancora pur presentando grandi limitazioni. In genere ha bisogno di un supporto tecnico, come un deambulatore. La rigidità e la lentezza dei movimenti è molto visibile.
In questa fase i tremori tendono a sparire per motivi al momento sconosciuti alla scienza. Al loro posto, aumenta la rigidità degli arti. Una persona alla quarta fase del Parkinson non riesce a svolgere da sola le attività quotidiane e ha bisogno di essere accudita.
Quando la patologia evolve fino all’ultima fase, il paziente non riesce a camminare o stare in piedi senza perdere l’equilibrio. Non è in grado di badare a se stesso e ha quindi bisogno di assistenza continua.
È frequente che in questa fase il paziente non risponda più ai farmaci. Si procede dunque con trattamenti più invasivi come il Duodopa, gel somministrato per via intestinale.
Non esiste una durata definita per le varie tappe. Si ritiene che l’intero decorso possa durare dai 10 ai 14 anni. Alcuni pazienti, tuttavia, non raggiungono mai le fasi avanzate della patologia.
In questi ultimi anni sono stati sviluppati trattamenti sempre più efficaci per combattere i casi più gravi. Tra questi si trovano tecniche di stimolazione cerebrale profonda, onde d’urto focali e terapie con cellule staminali.