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Speranza per il Parkinson: uno studio inverte i sintomi negli animali

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Questa ricerca, sebbene condotta sui topi, apre la strada allo sviluppo di futuri trattamenti per rallentare o addirittura arrestare la malattia di Parkinson negli esseri umani.
Speranza per il Parkinson: uno studio inverte i sintomi negli animali
Ultimo aggiornamento: 17 luglio, 2025

I ricercatori dell’Università di Sydney, in Australia, sono riusciti a ripristinare la funzione di una proteina cerebrale difettosa (SOD1) implicata nell’insorgenza della malattia di Parkinson. Il gruppo, guidato dal professor Kay Double, ha lavorato per più di dieci anni alla ricerca dei meccanismi associati a questo disturbo, cercando modi per alterarli.

Nel 2017 hanno pubblicato la prima prova della presenza di questa versione anomala della neuroproteina SOD1 nel cervello dei pazienti con diagnosi di questo disturbo neurologico. Secondo gli esperti, non si tratta di una proteina qualsiasi: quando va male, aggrega i rifiuti tossici nei neuroni e contribuisce al danno cerebrale.

Nel loro ultimo studio – riportato su Neuropathologica Communications – sono riusciti a correggere questa irregolarità in un gruppo di animali geneticamente programmati per mostrare sintomi simili al Parkinson. Lo hanno fatto somministrando ai topi un integratore di rame, specificamente progettato per bilanciare la funzione di SOD1.

I risultati hanno sorpreso anche gli stessi scienziati. Il gruppo di topi che ha ricevuto il trattamento con il rame è riuscito a mantenere le proprie capacità motorie, mentre quelli del gruppo di controllo (senza l’integratore) hanno mostrato un peggioramento.

Per la professoressa Double, questa evidenza è promettente. A suo avviso, è possibile che, in futuro, l’idea di intervenire sulla chimica del rame nei tessuti cerebrali possa rivelarsi utile nell’approccio alle terapie nell’uomo. Anche se la strada da percorrere è ancora lunga, la ricercatrice è entusiasta dei risultati: “Non avremmo mai pensato che la differenza sarebbe stata così marcata”, ha detto.

Il morbo di Parkinson – la seconda malattia neurologica più comune dopo la demenza – rimane incurabile e presenta una serie di sintomi familiari: tremori, rigidità, lentezza nei movimenti, problemi di equilibrio. In Australia, più di 150.000 persone convivono già con questa diagnosi.

I trattamenti attuali possono alleviare alcuni sintomi, ma non rallentano la progressione del declino cognitivo. Per questo motivo, l’attenzione si sta rivolgendo allo studio delle cause. Capire perché si innesca la morte dei neuroni dopaminergici potrebbe portare a opzioni terapeutiche meno limitate.

Double riconosce che non ci sono certezze complete, ma i nuovi dati ampliano il quadro. La presenza di proteine difettose è solo uno dei numerosi fattori coinvolti. Gli organismi e i farmaci futuri probabilmente cercheranno di intervenire a più livelli contemporaneamente, un po’ come avviene oggi con i trattamenti combinati per le malattie croniche complesse.

Per il momento, l’équipe prevede di passare alla sperimentazione clinica. Sebbene questi risultati siano incoraggianti, sono necessari studi più ampi e conclusivi per determinare se funzionano anche negli esseri umani. Forse apriranno una nuova linea di trattamento, o almeno aiuteranno a comprendere meglio la biologia di questa malattia devastante. Non è stato deciso nulla, ma è un segnale interessante in mezzo a tanta incertezza.


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  • Rowlands, B. D., Trist, B. G., Karozis, C., Schaffer, G., Mor, D., Harwood, R., Rosolen, S. A., Cottam, V., Persson-Carboni, F., Richardson, M., Li, A. A., Gotsbacher, M. P., Abdeen, A. H., Codd, R., & Double, K. L. (2025). Copper supplementation mitigates Parkinson-like wild-type SOD1 pathology and nigrostriatal degeneration in a novel mouse model. Acta Neuropathologica Communications, 13(1). https://actaneurocomms.biomedcentral.com/articles/10.1186/s40478-025-02048-2

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