Differenziare Parkinson e atrofia sistemica multipla

La malattia di Parkinson e l'atrofia sistemica multipla presentano sintomi molto simili, per cui è difficile per i medici differenziarle. Una nuova scoperta potrebbe aiutare in questo senso. Ne parliamo nelle righe che seguono.
Differenziare Parkinson e atrofia sistemica multipla
Leonardo Biolatto

Scritto e verificato il dottore Leonardo Biolatto.

Ultimo aggiornamento: 27 maggio, 2022

Può essere complesso differenziare Parkinson e atrofia sistemica multipla in quanto gravi patologie che per molti aspetti si somigliano. I sintomi, di fatto, sono molto simili e la ricerca sulla loro causa punta nella stessa direzione.

Sono entrambe malattie neurodegenerative che progrediscono inesorabilmente verso manifestazioni più gravi. Trovare un trattamento efficace richiede anche una diagnosi precoce. La rivista Nature ha pubblicato nel febbraio 2020 gli ultimi progressi in tal senso.

Forse il più rilevante è quello proposto dall’Università del Texas, che esemplifica una tecnica che sembrerebbe aiutare i medici a differenziare il Parkinson dall’atrofia sistemica multipla.

Perché è importante differenziare Parkinson e atrofia sistemica multipla

Considerate le difficoltà di diagnosi, giocare d’anticipo potrebbe essere molto utile. Una diagnosi accurata e tempestiva consentirebbe di stabilire per tempo le cure adeguate. Teniamo presente che al momento attuale bisogna attendere il decorso della malattia per capire se si tratta di una piuttosto che dell’altra.

Clinicamente, l’atrofia sistemica multipla progredisce più velocemente del Parkinson, quindi un ritardo nella prognosi potrebbe aggravare la situazione. Naturalmente, i sintomi sono evidenti quando la malattia è a rapido decorso.

Dal punto di vista biologico, inoltre, la tardiva somministrazione del trattamento si traduce in danni irreversibili per i neuroni.

Cos’è la malattia di Parkinson?

La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa progressiva. Il sintomo più evidente sono i disturbi del movimento: il paziente manifesta tremori, soprattutto alle mani e alle gambe.

Con il passare del tempo, il disturbo estende la difficoltà di movimento ad altre parti del corpo, causando rigidità. Ciò provoca squilibri, mancanza di coordinazione e lentezza nelle azioni.

L’alterazione chimica nota come causa della malattia è la mancanza di dopamina. La dopamina è una sostanza che agisce da neurotrasmettitore nel sistema nervoso. La sua mancanza spiana la strada ai sintomi della malattia.

Il Parkinson è comune soprattutto tra le persone con più di 60 anni, quindi l’età è considerata un fattore di rischio. Tuttavia, è possibile che si presenti anche nei più giovani. Il caso più emblematico al mondo è quello dell’attore Michael J. Fox, a cui è stato diagnosticato all’età di 29 anni.

Il Parkinson negli anziani.
I tremori sono un segno distintivo del Parkinson.

L’atrofia sistemica multipla

Anche l’atrofia sistemica multipla è una malattia neurodegenerativa. Come il Parkinson, colpisce soprattutto gli anziani, in questo caso le persone con più di 50 anni.

I sintomi sono molto simili a quelli del morbo di Parkinson, compresi i disturbi motori. Questa patologia è in grado di influenzare le funzioni autonome dell’organismo. Pertanto, il paziente soffre di ipotensione, stitichezza, incontinenza urinaria, aritmie e respirazione anomala.

Al giorno d’oggi non è nota la causa esatta di atrofia sistemica multipla. Sappiamo, tuttavia, che i neuroni si atrofizzano e si riempiono di una proteina chiamata alfa-sinucleina.

Nuova ricerca su come differenziare Parkinson e atrofia sistemica multipla

La proteina che entrambe le malattie condividono, e che aprirebbe la strada alla diagnosi differenziale, è l’alfa-sinucleina.

Conosciuta con l’acronimo aSyn, è una sostanza che si piega su se stessa in modo sbagliato, provocando un eccessivo accumulo ai danni dei neuroni. Quando l’accumulo dell’errore supera i limiti di normalità, compaiono i disturbi motori.

Nel Parkinson e nell’atrofia sistemica multipla, l’alfa-sinucleina si accumula negli anni limitando l’attività dei neuroni. Sebbene questa proteina sia rilevabile, fino a tempi recenti era impossibile prevederne il decorso in Parkinson o atrofia sistemica multipla.

La nuova ricerca pubblicata su Nature, insieme ad altre, propone un metodo biochimico – chiamato allargamento ciclico del ripiegamento proteico – che differenzierebbe le pieghe. In questo modo, il metodo sarebbe in grado di distinguere tra le pieghe tipiche del Parkinson e quelle dell’atrofia sistemica multipla.

La sensibilità riportata nell’articolo è del 95,4%. Questo dato è promettente, perché si tratta di un test diagnostico con un alto tasso di successo che consente una diagnosi precoce. Inoltre, accelererebbe i piani di trattamento, senza dover attendere la differenziazione per affrontare l’una o l’altra patologia.

Medico che studia una radiografia.
Le malattie neurodegenerative sono difficili da diagnosticare.

Un altro passo avanti verso la cura della malattia di Parkinson

Le malattie neurodegenerative sono un vero problema per la nostra società. L’invecchiamento progressivo della popolazione rende sempre più comuni queste patologie, per cui la medicina si impegna ogni giorno per trovare nuovi modi per diagnosticarle e trattarle.

La nuova tecnica scoperta dai ricercatori migliorerebbe la diagnosi precoce , nonché potrebbe far avanzare le terapie a esordio precoce per frenare la malattia. In ogni caso, vale la pena di consultare il prima possibile un professionista se si notano strani sintomi nei nostri movimenti.


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