Diagnosi del Coronavirus: che cos'è la PCR?

La reazione a catena della polimerasi, o PCR, è considerata al momento la tecnica di diagnosi per il COVID-19 più accessibile e affidabile. Vi spieghiamo come funziona.
Diagnosi del Coronavirus: che cos'è la PCR?

Ultimo aggiornamento: 04 maggio, 2020

Nelle ultime settimane non si fa che parlare dei kit diagnostici per il COVID-19. Tra polemiche circa la disponibilità e le categorie a cui sottoporre il test, diventa importante capire in che cosa consistono i principali metodi di diagnosi del Coronavirus. Tra questi, viene nominata spesso la PCR. Di che cosa si tratta?

Avremo sentito dire che “il metodo PCR è il più completo e affidabile”. L’alto tasso di attendibilità e il basso numero di falsi positivi hanno spinto l’OMS a consigliarlo come principale metodo di diagnosi del Coronavirus. Vediamo, quindi, nel dettaglio che cos’è e come funziona.

Diagnosi del Coronavirus: sequenziamento del nemico

Il Coronavirus, patogeno del covid-19, è un agente virale composto da un singolo filamento di RNA (è dunque classificato come RNA monocatenario a polarità positiva). Il DNA e l’RNA sono le “impronte digitali” più affidabili di un organismo.

La sequenza dei nucleotidi, le unità che costituiscono gli acidi nucleici, rivelano l’identità del possessore; composta da una sola catena di informazioni, la presenza del Coronavirus nel corpo umano è inequivocabile: se è presente nel campione biologico, significa che il paziente è infetto.

Per prima cosa, è stato necessario partire dal sequenziamento del genoma virale. Il primo campione è stato genotipizzato già l’11 gennaio (ecco l’intera sequenza). La sequenza di lettere che si può osservare corrisponde all’ordine dei nucleotidi della catena RNA del virus. Ogni nucleotide contiene una base azotata, corrispondente alla lettera rappresentata:

  • A: adenina
  • G: guanina
  • C: citosina
  • U: nel caso dell’RNA, uracile
  • T: nel caso del DNA, timina

Sarete colpiti dal notare che non vi è una sola U nel genoma del coronavirus. Continuate a leggere perché vi spieghiamo il motivo.

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Ricercatore con provette e microscopio
Dalla scoperta del primo focolaio di COVID-19 è stato di vitale importanza sequenziare il genoma del virus.

In che modo la PCR individua l’intruso

Una volta sequenziato il virus, entra in gioco l’efficacia della PCR (Polymerase Chain Reaction). Questa tecnica in realtà risale agli Anni 80 e ha come obiettivo amplificare il DNA di un campione. 

Qui risiede la prima trappola del Coronavirus: il SARS-CoV-2 non ha DNA, ma solo RNA. Motivo per cui è necessaria una tecnica ancora più sofisticata: la RT-PCR, che serve a trasformare l’RNA del virus in DNA. Per indurre questa reazione, è essenziale un enzima denominato “trascrittasi inversa”. Il processo è il seguente:

  • A partire dal campione del paziente, l’enzima trascrittasi è in grado di identificare l’RNA virale.
  • Con i nucleotidi presenti nel composto di reazione, l’enzima trascrittasi genera un filamento di DNA complementare a quello dell’RNA del virus. Possiamo vedere questo enzima come un ingegnere: con la mappa del RNA virale e i nucleotidi disponibili, crea una nuova catena, in questo caso di DNA.
  • A questo punto interviene l’enzima polimerasi e prende avvio una normale PCR. Anche l’enzima polimerasi è un ingegnere che sfrutta i nucleotidi disponibili per generare migliaia di copie del filamento di DNA trasformato.
  • Il DNA amplificato può infine essere sottoposto a diverse tecniche per determinare se corrisponde al genotipo del Coronavirus o meno.
kit PCR per rilevare il Coronavirus
PCR è il metodo diagnostico per COVID-19 più raccomandato dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Alla scoperta dell’identità del virus

Una volta amplificato il DNA, esistono diverse tecniche che permettono di assegnarlo a un virus o un altro organismo. Una delle più semplici è l’elettroforesi su gel di agarosio. Useremo questo esempio per semplicità, ma bisogna tenere presente che il lavoro viene eseguito da sofisticati sequenziatori.

I frammenti di DNA hanno carica elettrica negativa. In virtù di questa caratteristica, applicando un campo elettrico a un contenitore di gel di agarosio, i diversi frammenti si spostano nel gel, attratti dal polo positivo. Possiamo immaginarla come una corsa: i frammenti di DNA più leggeri arrivano prima, i più grandi restano a metà strada.

È questa la chiave per il rilevamento: la formazione di bande differenziate all’interno del gel. Facendo un esempio, analizzando frammenti di DNA di padre e figlio, il gel di agarosio dei due campioni dovrebbe presentare lo stesso schema, confermando la loro affinità genetica.

Naturalmente i metodi di rilevazione del Coronavirus sono più complessi dell’esempio descritto, ma speriamo che questa spiegazione sia utile a chiarire un po’ il funzionamento della PCR e il suo ruolo essenziale nella diagnosi delle malattie.


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