Come mutano i virus? Tutto quello che c’è da sapere

Con la diffusione del Coronavirus nel mondo, è tornata in auge la domanda: come mutano i virus? La mutazione del genoma è la spiegazione alla base di questo fenomeno e ve lo spieghiamo in quest'articolo.

Come mutano i virus

Ogni volta che si diffonde un’epidemia, la popolazione si pone sempre la stessa domanda: come mutano i virus? Attualmente, con l’espansione del Coronavirus nella sua variante denominata 2019, la domanda è riemersa con forza.

La verità è che la scienza ha già una spiegazione been chiara del fenomeno. La conoscenza della genetica e gli studi scientifici condotti tutte le volte che si verifica un’epidemia hanno permesso di avanzare nella conoscenza del meccanismo della mutazione virale.

Sappiamo che i virus contengono al loro interno informazioni genetiche, che usano per sopravvivere e moltiplicarsi. Come il DNA degli umani, il genoma virale codifica il modo in cui appare e si comporta il virus. Questo include la modalità di infezione e persino le specie che saranno le destinatarie dell’infezione. I virus mutano in due modi:

  • Per ricombinazione: ciò accade quando due o più virus si scambiano parti di DNA o RNA tra loro, modificando il proprio patrimonio genetico con la struttura dell’altro.
  • A causa di una mutazione casuale: in questo caso, il cambiamento è intrinseco al virus stesso e generalmente si verifica a causa di un errore nella replicazione del materiale genetico.

Maggiore è la popolazione infetta, maggiori sono le possibilità che un virus muti. Tuttavia, non è corretto associare la domanda su come mutano i virus alla loro letalità. La maggior parte dei virus, come vedremo in questo articolo, mutano verso forme più lievi per sopravvivere. Se diventassero ancora più letali, infatti, perderebbero i loro ospiti e la possibilità di propagarsi.

Perché e come mutano i virus?

Non esiste una risposta esatta alla domanda: perché i virus mutano? Quasi sempre, la mutazione virale è la conseguenza di un errore nella codifica dell’RNA. Infatti, anche se esistono virus che contengono DNA invece che RNA, è in questa seconda categoria che si verifica la maggior parte degli errori.

Ciò accade perché i virus a DNA hanno un meccanismo più raffinato per riprodurre le loro informazioni genetiche; quindi commettono meno errori quando copiano i geni per replicarli. Nei virus a RNA, invece, il meccanismo di controllo è più rudimentale.

I virus a DNA usano enzimi chiamati polimerasi, che sono presenti nelle cellule che infettano. Dobbiamo immaginarlo come un parassita che sfrutta le risorse del destinatario. Le DNA polimerasi hanno la capacità di riparare gli errori.

Lo stesso accade con i virus a RNA, in cui le DNA polimerasi non vengono utilizzate per correggere. Questa mancanza porta alla frequente comparsa  di mutazioni. Un virus a RNA, rispetto a un virus a DNA, muta a un ritmo notevole.

Detto ciò, i virus mutano per sopravvivere. Come quando parliamo di evoluzione delle specie, dove in generale i cambiamenti favorevoli casuali vengono utilizzati per sopravvivere meglio all’ambiente. Anche nel campo dei virus accade più o meno la stessa cosa. Tuttavia, le mutazioni non significano necessariamente un cambiamento verso una maggiore virulenza.

Doppia elica del DNA
Gli errori durante il processo di replicazione dell’RNA virale spiegano le mutazioni.

Continuate a leggere: Le mutazioni genetiche: di cosa si tratta?

La mutazione del virus è sempre negativa?

No. Non sempre la mutazione di un virus si traduce in una maggiore letalità, cioè in una maggiore capacità di uccidere. Se ci pensiamo attentamente, sarebbe un errore evolutivo. Il virus non può uccidere troppi ospiti, perché ucciderebbe anche se stesso, perdendo la capacità di infettare e propagarsi nella popolazione.

I virus mutano, adattandosi alle circostanze offerte dalla specie che li ospita in un determinato momento. Se riescono a diventare meno letali, possono passare inosservati, replicandosi da un individuo all’altro. In definitiva, sarebbe questo l’obiettivo logico per l’infezione virale: perpetuarsi.

A mano a mano che il virus muta, cambia anche la risposta immunitaria della specie ricevente. Ciò porta a uno strano equilibrio, in cui la popolazione virale coesiste con i suoi ospiti. È questo il caso dell’influenza nell’uomo, che provoca epidemie stagionali ogni anno.

Scopri di più: Gli effetti dell’influenza sull’organismo

Cos’è stato scoperto sul Coronavirus e sulla sua mutazione?

L’università di Pechino dirige un gruppo di lavoro per codificare i ceppi di COVID-19. Finora hanno identificato due ceppi di Coronavirus, che sono indicati rispettivamente con le lettere L e S.

Il ceppo L è quello che ha iniziato il suo viaggio umano a Wuhan, in Cina. È quello che ha subito la mutazione iniziale, diventando contagioso per la specie umana, mentre prima si trasmetteva solo fra gli animali. L’altro ceppo, il COVID-19 S, è quello che si trova negli umani infetti a partire dal mese di febbraio.

Il ceppo L ha diminuito la sua presenza a partire da gennaio di quest’anno, e si sospetta che ciò sia dovuto alle azioni umane. Le misure adottate per limitarne l’espansione e le quarantene imposte hanno favorito il passaggio alla varietà S, che risulta una versione più mite e meno virulenta di COVID-19.

Come cambiano i virus
La mutazione nel Coronavirus COVID-19 gli ha permesso di passare dalla trasmissione tra animali alla trasmissione umana.

I virus non mutano sempre in peggio

Sapere come mutano i virus ci dà un indizio sull’evoluzione delle epidemie. Nella maggior parte dei focolai viene raggiunto uno stato di picco, ovvero di massima trasmissione, e poi i casi diminuiscono. Uno dei fattori affinché ciò accada è l’intervento umano, ma un altro, non meno trascurabile, è la mutazione virale.

Le mutazioni dei virus devono essere un incentivo per cambiare le nostre abitudini e cercare di adottare una vita più sana. La prevenzione è la strategia migliore per combattere le mutazioni dei virus.

Bibliografia

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