Sicuramente anche voi avrete confuso almeno una volta l’essere amati con il sentirsi valorizzati. Difatti, pensiamo spesso che le due cose vadano di pari passo, fin da bambini.
Ad esempio, da piccoli pensavamo che disobbedendo ai nostri genitori e non prendendo voti alti a scuola, loro avrebbero smesso di volerci bene. Questa credenza influisce posteriormente su tutte le nostre relazioni.
La ricerca dell’amore a base di sforzi
Cos’è per voi l’amore? Forse rendere felice la persona che vi sta accanto, lottare ogni giorno, dare tutto, sforzarvi per costruire un progetto comune… In definitiva, bisogna realizzare una serie di cose per dare e ricevere amore, oltre che per sentirci valorizzati.
Ciò nonostante, ciò si apprende durante l’infanzia causando molta sofferenza e rovinando le relazioni durante la vostra vita adulta. Di certo vi starete domandando com’è potuto accadere e perché capita a tutti i bambini. La risposta è da ricercare nei genitori.
Sapete quanti genitori esprimono affetto o parole dolci ai propri figli solo quando questi fanno tutto bene o come loro si aspettavano? Ma cosa succede se le cose non vanno in questo modo? Si arrabbiano, si mostrano delusi e fanno capire ai loro figli di aver fallito.
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Con il passare degli anni, impariamo a forgiare relazioni basate sullo sforzo, e l’altra persona riveste per noi una grande importanza, mentre noi rimaniamo a sua disposizione.
La nostra felicità inizia a dipendere dagli altri, dal valore che ci attribuiscono, che ci dicano che stiamo facendo tutto bene.
Tutto ciò può andare bene all’inizio, ma con il tempo inizia a causare sofferenza.
Essere valorizzati non significa essere amati
Valorizzare non è sinonimo di amore. Se appena smettete di compiere le aspettative altrui e iniziate ad essere “egoisti” gli altri si lamentano e si allontanano, questo non è voler bene né amare.
Il problema è che per troppo tempo non abbiamo saputo distinguere tra l’amore degli altri per ciò che facciamo e l’amore per quello che siamo. Abbiamo sentito tutti frasi del tipo: “se mi ami, dimostramelo”.
Una frase che riassume quanto siamo condizionati da ciò che possiamo o meno dimostrare con le nostre azioni, esattamente come accadeva quando eravamo piccoli.
Quante coppie cominciamo, con il tempo, a recriminare cose che prima permettevano? Sembra che quando smettiamo di essere accecati dalla fase dell’innamoramento, vediamo la persona per quello che è, e non ci piace.
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Cosa facciamo allora? Proviamo a cambiarla, a modificarne l’essenza, a trasformare il suo essere. Pretendiamo troppo, non è vero?
Cerchiamo sempre il modo di rendere felice l’altro e che l’altro ci renda felici per poter amare noi stessi. Invece di permettere alle cose di fluire con naturalezza, cerchiamo di esercitare un certo controllo, tentativo che causa risultati disastrosi.
Non agite per ottenere affetto
L’affetto e l’amore non si guadagnano facendo qualcosa per gli altri. Perché tutti noi possiamo cambiare idea o avere una giornata no, e rifiutarci di fare qualcosa per gli altri. Allora, la situazione cambierà.
Non bisogna sforzarsi tanto, non bisogna smettere di pensare a se stessi e rendere l’altro la propria priorità, altrimenti, prima o poi, dipenderemo dagli altri per essere felici.
Curiamo quella ferita emotiva che ci portiamo dietro fin dai tempi dell’infanzia, quando i nostri genitori ci dimostravano che ci amavano o meno rispetto ai nostri successi e risultati. Non siamo più bambini, siamo adulti maturi e meritiamo di essere felici e di non dover fare sempre l’impossibile affinché gli altri ci amino.
Abbandoniamo la credenza che amare sia sinonimo di essere valorizzati grazie a ciò che possiamo fare per gli altri. Iniziamo a concentrarci su noi stessi e smettiamo di sforzarci tanto per essere amati.
Le persone che ci amano lo faranno per come siamo, non per quanto facciamo per loro o quanto lo dimostriamo.
Bibliografia
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- Bauman, Zygmunt. Amor líquido: acerca de la fragilidad de los vínculos humanos. Fondo de Cultura Económica, 2012.
- Nasio, Juan David, and Viviana Ackerman. El libro del dolor y del amor. Gedisa, 1998.
- Schopenhauer, A.. Metafísica del amor: Metafísica de la muerte. Obelisco, 1988.