La cancel culture è un fenomeno recente. Secondo la definizione di Dictionary.com, consiste nel ritirare il sostegno a personaggi pubblici o aziende in risposta a un’azione o un commento considerato offensivo o inaccettabile.
Le intenzioni di questo fenomeno sono spesso lodevoli, come sradicare atteggiamenti dannosi o criminali. Tuttavia, le conseguenze tendono a essere spietate, causando danni irreparabili e sproporzionati all’immagine della persona. La cancel culture ha persino danneggiato persone che avevano solo espresso un pensiero diverso da quello degli altri.
A conti fatti, la cancel culture rappresenta un pericolo per la società, perché incoraggia l’intolleranza, limita la libertà di espressione e mette a rischio l’integrità del singolo. In questo articolo parliamo in dettaglio di questo fenomeno e cercheremo di scoprire quali alternative abbiamo per evitarne le conseguenze negative.
Come nasce questo fenomeno?
Si ritiene il termine sia apparso per la prima volta nel film New Jack City, 1991, quando uno dei personaggi lascia la fidanzata dicendo: “Cancel that bitch”. Più tardi, nel 2014, è riapparso nel reality show Love and Hip-Hop: New York, in cui uno dei concorrenti disse all’altro: “Cancellata“, introducendo così il concetto di “cancellare una persona”.
Rommel Piña, docente di giornalismo presso l’Università Finisterre, Spagna, afferma che la “cancellazione” è un fenomeno che esiste da molto tempo. A seconda della generazione, è stato chiamato in modi diversi. Per esempio, un tempo veniva chiamata la legge del ghiaccio.
La cancel culture, come è conosciuta oggi, ha iniziato a guadagnare popolarità sui social network a partire dal 2017. Soprattutto a seguito dell’emergere del movimento #MeToo, il cui scopo era denunciare le violenze e le molestie sessuali da parte del produttore cinematografico Harvey Weinstein.
Secondo Rommel Piña, il fenomeno è strettamente legato ai social network ed è stato reso popolare da alcuni movimenti femministi. Pare che la cancellazione sia la forma più recente di protesta degli internauti contro fatti, commenti o azioni di personaggi pubblici ritenuti inaccettabili e offensivi. Una sorta di boicottaggio in rete.
Oggi la cancel culture ha difensori e detrattori. Tra questi ultimi un gruppo di 150 celebrità (tra cui J.K Rowling, l’autrice della famosa saga di Harry Potter), che nel 2020 hanno firmato un manifesto contro tale fenomeno.
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In che modo la cancel culture influisce sulla libera espressione?
La libertà di espressione è un diritto umano sancito dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ciò implica che ognuno è libero di esprimere la propria opinione e di esprimersi liberamente con qualsiasi mezzo, senza essere disturbato o interferito.
La cancel culture viola la libertà di espressione, mentre l’emissione di un punto di vista (considerato inaccettabile) innesca una serie di reazioni che infastidiscono e feriscono gli opinionisti.
Il più delle volte, questo fenomeno ha avuto gravi conseguenze per le persone colpite, tra cui derisione pubblica, minacce di morte e perdita del proprio lavoro. In quest’ultimo scenario, è normale che il gruppo offeso faccia pressione sull’azienda in cui la persona lavora affinché agisca in merito. Se non lo fanno, minacciano di boicottare l’organizzazione.
Queste reazioni influiscono anche sull’integrità psicologica delle vittime. Il che può comportare reazioni molto più gravi, come il suicidio. Ecco perché oggi è fondamentale essere più gentili e tolleranti sui social network.
La cultura della cancellazione, oltre a renderci meno liberi, alimenta una serie di paure, come quella di rimanere da soli, che ci rendono meno razionali, più intolleranti e reazionari.
Far vergognare, censurare o disprezzare altri punti di vista ha l’effetto opposto a quello che si cerca. In altre parole, fa sì che le persone colpite non mettano più in dubbio la validità delle loro argomentazioni, ma piuttosto la propria libertà. Questa impressione indurrà gli individui a sostenere più vigorosamente le proprie opinioni e convinzioni.
Quali alternative alla cancel culture?
Se la cancel culture ha contribuito a dare visibilità a violenza di genere, abusi sessuali, razzismo e altre ideologie discutibili, è anche vero che ha alimentato l’intolleranza, la violenza e la risolutezza.
In generale, viene vista dai suoi sostenitori come un modo efficace per combattere i movimenti sociali dannosi. Ma sembra che stia fallendo nella sua missione, creando un’altra serie di problemi altrettanto gravi.
È come chi cerca di combattere la violenza con più violenza. Non funziona, perché finiamo per comportarci come ciò che vogliamo sradicare, non importa quanto nobili siano le nostre intenzioni.
Possibili soluzioni alla cancel culture
Parlare e ascoltare gli altri che la pensano diversamente
Se qualcuno fa un commento o intraprende delle azioni nel rispetto della legge, bisogna invitarlo a giustificare le proprie posizioni, argomentando le proprie e mettendo in discussione vari punti. Questo ci aiuterà a capire le opinioni altrui e a promuovere una versione più dettagliata della propria prospettiva.
Inoltre, entrambe le parti saranno in grado di notare eventuali difetti nel proprio discorso, il che contribuirà a rafforzarlo o modificarlo.
Essere più umili e consapevoli delle proprie debolezze
Nessun essere umano è perfetto. Tuttavia, è difficile rendersi conto e accettare i propri errori. Invece è più facile far notare, umiliare o attaccare l’altro proclamando che ha torto.
Se accettiamo di essere suscettibili a commettere degli errori, mostreremo più empatia verso coloro che commettono degli errori. L’importante è che ce ne rendiamo conto e agiamo di conseguenza.
Evitare di farsi trasportare dalle emozioni
È molto comune, di fronte a un commento o un’azione con cui non siamo d’accordo, reagire in modo esagerato e commettere determinate azioni delle cui conseguenze non siamo consapevoli.
A volte queste possono essere gravi. In situazioni come queste, bisogna cercare di essere razionali ed individuare le soluzioni più appropriate.
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Identificare il modo migliore per fare giustizia
La cancel culture può colpire chiunque, spesso ingiustamente. Le conseguenze solitamente sono sproporzionate rispetto all’azione o all’opinione espressa.
Allo stesso modo, l’errata interpretazione del messaggio distorce ulteriormente il fenomeno, trasformandolo in un atto di ingiustizia.
Detto ciò, di fronte ad un gesto che è considerato un crimine (come gli abusi sessuali o il razzismo), è meglio individuare il modo migliore per fare giustizia. Punire l’altro boicottandolo può essere il modo peggiore.
Pensarla diversamente non è un crimine
Incontreremo sempre persone che la pensano diversamente da noi: è del tutto normale. Ciò che conta è capire che se qualcuno ha opinioni politiche, sociali o culturali dissimili dalle nostre non lo rende inferiore a noi.
Allo stesso modo, ciò non significa che meritino di essere vittime di danni irreparabili. Di fronte a degli atti palesemente criminali, l’ideale è trovare il modo di far capire a chi ha commesso il delitto che deve assumersi le conseguenze delle proprie azioni.
Oggi la necessità di stabilire cosa è buono e cosa non lo è sta assumendo un ruolo sempre più importante. Tutto ciò che esce al di fuori di questi limiti, viene automaticamente “cancellato”.
Questa azione non farà cambiare punto di vista alle persone; al contrario, aumenta la polarizzazione esacerbando il conflitto. Il dialogo, il rispetto e l’integrazione dei punti di vista sono l’unica alternativa possibile.
Bibliografia
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