Grande notizia: l'Africa dice NO alla mutilazione genitale femminile

Il problema della mutilazione genitale femminile in gran parte riguarda il fatto che molte persone credono ancora che si tratti di una pratica necessaria per essere accettati dalle loro comunità
Grande notizia: l'Africa dice NO alla mutilazione genitale femminile

Ultimo aggiornamento: 04 ottobre, 2016

Oggi vogliamo darvi una di quelle notizie che amiamo condividere con i nostri lettori. L’Africa ha detto “NO” alla mutilazione genitale femminile.  

Il Parlamento Africano è arrivato ad un accordo durante il mese di Agosto per proibire finalmente questo rituale tragico e discriminatorio.

L’anno scorso vi avevamo spiegato che in nazioni come la Nigeria questa “tradizione” era stata proibita. 

Ebbene, ora quel granello di sabbia diventa sempre più grande e dà maggiori speranze, potendo contare su un appoggio più ampio.

Si dispone finalmente di un accordo comune che il Parlamento Africano, con sede in Sudafrica, si compromette a regolare e perseguire allo scopo di porre fine ad una tragedia che ha interessato quasi 200 milioni di donne in tutto il mondo, secondo i dati dell’UNICEF.

Vediamo di seguito i dettagli.

La mutilazione genitale femminile, un dramma con troppe vittime

La mutilazione genitale femminile non è un problema che riguarda solo l’Africa. L’ablazione del clitoride viene anche praticata in tutti i paesi musulmani del continente asiatico.

Le comunità curde, come quelle del’Afganistan, del Brunei, del Tajikistan, della Malesia e dell’Indonesia, praticano il tipo di mutilazione genitale più radicale: L’infibulazione, che consiste nell’escissione del clitoride e delle grandi e piccole labbra.

Sappiamo che si tratta di una battaglia non ancora vinta. Sappiamo anche che questo grande passo compiuto in Africa è, per il momento, un accordo di intenzioni ancora da formalizzare.

Perché al giorno d’oggi, si tratta solo di una proposta che non è ancora stata tradotta in un corpo legale. 

Ciò nonostante, come abbiamo detto, si tratta di un grande passo rispetto ad una tragedia che conta ormai troppe vittime.

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Non si tratta di un rito, ma di una violazione dei diritti umani

La mutilazione genitale femminile fa parte di quelli che vengono definiti riti di iniziazione verso l’età fertile o matura.

  • Si pensa che questa pratica sia originaria dell’Antico Egitto; ciò nonostante, ha anche antecedenti in Asia, Europa, Australia e America.
  • Anche se attualmente è vincolata al mondo musulmano, nel passato era condivisa da popolazioni animiste, musulmane, cristiane ed ebraiche.
  • Qualsiasi siano le sue origini, continua ad essere un atto brutale. L’obbiettivo è quello di privare la donna di qualsiasi sensibilità o sensazione di piacere.
  • Il modo in cui viene realizzata la mutilazione genitale femminile non è cambiata molto con il passare degli anni. Si estirpa il clitoride con coltelli, pezzi di vetro o lame.

Le misure igieniche sono minime. Il pericolo di infezioni, estremo. Le perdite umane causate da questa pratica, troppe.

Questa realtà ci porta ad una chiara conclusione. Questa pratica non può essere considerata un rito. È pura violazione dei diritti umani. È un atto incomprensibile e barbaro a cui vengono sottoposte milioni di bambine prima dei 5 anni.

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Tra accordo e speranza

L’Africa ha detto NO alla mutilazione genitale femminile e tutto il mondo ha appoggiato questa notizia. Ciò nonostante, crediamo sia opportuno entrare nei dettagli.

  • L’accordo è stato raggiunto in seguito ad infinite negoziazioni della CEDAW (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna) con i gruppi sociali e politici del continente.
  • Contavano, inoltre, dell’appoggio del Fondo per le Popolazioni delle Nazioni Unite (FPNU).
  • Quello stipulato è un piano d’azione.
  • I 250 deputati firmanti del Parlamento Africano hanno l’obbligo di dar via ai meccanismi formali di questo piano.
  • Si sta cercando di creare canali di coordinazione con le autorità nazionali e locali. In questo modo, e come da esempio, il Ministero della Sanità esigerà alle famiglie che rinuncino per iscritto alla realizzazione dell’ablazione alle proprie figlie.  
  • Quasi il 90% di questa pratica si concentra in paesi come Egitto, Sudan, Eritrea, Gibuti, Etiopia e Somalia. Si spera di sensibilizzare la gente.

Una dura battaglia che richiede tempo

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Il proposito è quello di arrivare allo stesso obbiettivo raggiunto in Nigeria. Ciò nonostante, le autorità firmanti sono consapevoli della grande difficoltà che rappresenta.

Alcuni paesi, come la Guinea, nonostante abbiano detto “no” alla mutilazione genitale femminile, continuano a praticarla. Se lo fanno, è per una ragione concreta.

  • Sono molti gli uomini e le donne che credono che questa pratica sia necessaria per essere accettati nelle loro comunità.
  • Questo rientra, senza dubbio, in una realtà sociale complessa e dura.

Tuttavia, esattamente come affermano le organizzazioni umanitarie, si nota una maggiore sensibilizzazione al rispetto. Tant’è che molti credono che tra una decina di anni la pratica della mutilazione genitale femminile verrà completamente sradicata. 

Speriamo sia così. 


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