L'ipocondria: che cos'è esattamente?

Quando è affetta da ipocondria, la persona ha la sensazione di essere costantemente ammalata. Si tratta di un quadro clinico psicologico che richiede assistenza adeguata. In questo articolo spieghiamo di cosa si tratta e i possibili trattamenti.
L'ipocondria: che cos'è esattamente?
Leonardo Biolatto

Scritto e verificato il dottore Leonardo Biolatto.

Ultimo aggiornamento: 27 maggio, 2022

L’ipocondria è nota anche con il nome di ansia da malattia. Si tratta di una condizione clinica a carattere psicologico caratterizzata dal fatto che chi ne soffre crede di essere affetto da una patologia molto grave oppure si preoccupa eccessivamente per il proprio stato di salute, nutrendo la convinzione di ammalarsi.

Questa preoccupazione fa sì che il paziente ipocondriaco interpreti qualunque segno o sintomo, reale o immaginario che sia, come il segnale della presenza di una situazione grave, fino a quando non si trasforma in una vera e propria ossessione riguardante il proprio stato di salute.

In gradi differenti, l’ipocondria colpisce fino al 10% della popolazione. Si manifesta con frequenza maggiore negli ambienti familiari nei quali uno o più membri soffrono di questa condizione. Anche se non esiste una trasmissione genetica dell’ipocondria, è però possibile affermare che ci sono alcuni ecosistemi familiari che, rispetto ad altri, presentano una maggiore predisposizione.

Storicamente, la definizione di ipocondria risale all’antica Grecia. Gli allievi di Ippocrate (considerato il padre della medicina) la descrivevano già nei propri trattati. Spesso associavano la sua presenza a stati di tristezza e malinconia.

Questa correlazione che la collega ad aspetti depressivi non è sbagliata. Altrettanto corretta è la sua associazione a stati di ansia e angoscia. Per quanto si tratti di condizioni diverse, può presentarsi in combinazione con queste sindromi.

Inoltre, è importante distinguere l’ipocondria dalla patofobia. La persona affetta da quest’ultima condizione ha paura di avere una grave malattia, motivo per il quale evita a ogni costo le visite mediche e i metodi di diagnosi complementari. Sospetta che i risultati sarebbero tragici.

L’ipocondriaco, invece, si sottopone molto spesso a visite mediche e analisi cliniche, perché è convinto che la malattia di cui soffre, qualunque essa sia, esista e che nessuno sia in grado di identificarla. Si rivolge quindi a diversi professionisti, alla ricerca di una diagnosi che, di solito, non riceve mai.

Come riconoscere l’ipocondria?

 

Donna preoccupata.
Anche se l’ipocondria non è una forma del disturbo d’ansia, i pazienti che ne soffrono sono comunque persone ansiose.

La personalità del paziente affetto da ipocondria possiede alcune determinate caratteristiche e aspetti comuni:

  • Ossessione per il corpo: l’ipocondriaco controlla costantemente il proprio corpo alla ricerca di segni di malattie gravi.
  • Preoccupazione per le notizie associate alla salute: queste persone controllano le notizie legate ad argomenti riguardanti la salute, alla ricerca di un legame tra queste notizie e la loro situazione, immaginando che qualunque scoppio, epidemia o aumento della prevalenza di una malattia possa riguardarle direttamente.
  • Espressione verbale dei sintomi fisici: nelle persone ipocondriache, l’argomento di conversazione riguarda sempre le malattie, gli studi che vengono condotti, la possibilità di ammalarsi e le conseguenze mediche.
  • Stato di ansia: anche se l’ipocondria non è una forma di disturbo d’ansia, chi ne soffre è comunque una persona ansiosa, che vive in uno stato di possibile anticipazione della gravità di una malattia della quale potrebbe soffrire.
  • Visite mediche eccessive: l’ipocondriaco si sottopone a numerose visite mediche e tende a cambiare spesso il proprio medico curante. Ciò di cui è alla ricerca, in realtà, è qualcuno che confermi la diagnosi che lui stesso ha già formulato.
  • Perdita di vita sociale: dal momento che la sua intera vita ruota intorno alla malattia, il paziente ipocondriaco si allontana dalle attività sociali e dalla cerchia degli amici e dei familiari. Questo fatto provoca delle conseguenze negative, perché si creano delle barriere che ostacolano l’approccio e il trattamento della sua ossessione.

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Fattori di rischio

Sappiamo che, come nel caso di ogni disturbo, ci sono alcuni fattori che rendono una persona maggiormente predisposta a soffrire di ipocondria. Si tratta dei cosiddetti fattori di rischio. Ciò non significa che la loro presenza comporti necessariamente la presenza di ipocondria; è però in grado di favorirla.

Uno dei fattori di rischio consiste nella brutta esperienza di aver assistito a errori medici che hanno coinvolto personalmente la persona interessata o uno dei suoi cari. Permane quindi la sensazione che il medico possa sempre sbagliare e trascurare la presenza di una malattia grave.

Come abbiamo detto, anche l’ambiente familiare rappresenta un fattore di rischio. Ci sono famiglie ipocondriache nelle quali, fin da bambino, il soggetto viene esposto a messaggi riguardanti la gravità delle malattie e dei sintomi. Si tratta anche di famiglie che reagiscono in maniera eccessiva di fronte ad alcuni segni di malattie comuni. Sia l’ambiente familiare che quello sociale circostante possono portare a nutrire convinzioni erronee riguardanti la salute. Si può arrivare a considerare grave ciò che, invece, non lo è.

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Trattamento dell’ipocondria

Ipocondria: seduta di psicoterapia.
Il trattamento dell’ipocondria si basa principalmente sulle terapie cognitivo-comportamentali del paziente. Si ritiene che in questo modo la persona possa liberarsi dell’angoscia che nutre nei confronti delle malattie.

Fino a oggi, i trattamenti per l’ipocondria che hanno manifestato una maggiore efficacia sono costituiti dalle terapie cognitivo-comportamentali, che fanno parte dell’ambito psicologico. Naturalmente, devono sempre essere realizzate da professionisti abilitati in questo campo.

L’obiettivo della terapia è quello di fare in modo che la persona riesca a liberarsi dell’angoscia che genera l’ossessione associata alla malattia e, allo stesso tempo, allontanarsi dalle pratiche ossessive. È necessario dare vita a una routine quotidiana nella quale non tutto ruoti intorno alla possibilità di ammalarsi.

In generale, le terapie cognitivo-comportamentali propongono al paziente l’esecuzione di alcuni compiti. Tra questi troviamo il limitare le visite mediche e il tentativo di evitare di parlare di malattie.

Se è possibile avvalersi della collaborazione della cerchia di conoscenze più intime della persona, il trattamento può fare progressi. In caso contrario, è molto difficile riuscire a progredire nel raggiungimento degli obiettivi. L’accompagnamento delle persone care è determinante per il successo del trattamento.


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