Da diversi decenni le campagne di prevenzione e le stesse organizzazioni per la salute sottolineano l’importanza della mammografia (o screening mammografico) nella prevenzione del cancro al seno.
Sebbene in molti casi questo esame sia importante per individuarne la presenza, è anche vero che su alcune donne la mammografia ha causato effetti negativi, tuttora oggetto di indagine.
Il tema solleva perplessità e dibattiti da molti anni. La polemica è ancora viva, non solo nella comunità scientifica, ma anche sui mezzi di informazione e tra i lettori più attenti. Siamo coscienti di quanto il tema sia delicato, ma abbiamo deciso di affrontarlo perché riteniamo che sia giusto parlarne.
I rischi potenziali dello screening mammografico
Alcune ricerche scientifiche, condotte in più paesi del mondo, hanno dimostrato che potrebbe risultare inutile o perfino pericoloso sottoporsi a prove diagnostiche precoci per il cancro al seno. Questo non significa che l’esame non aiuti ad individuare il cancro.
Il grande problema consiste nel fatto che si susseguono campagne di prevenzione che invitano le donne a sottoporsi a mammografia. Ciò che non viene offerto sono le informazioni sui possibili rischi collegati ad una sua realizzazione periodica.
In questo senso la Cochrane Collaboration, una rete indipendente costituita da oltre 37000 collaboratori, tra medici e ricercatori provenienti da 130 paesi del mondo, ha esposto in più occasioni i rischi connessi alla mammografia.
L’associazione ha raccolto importanti evidenze scientifiche in un documento intitolato “Screening for breast cancer with mammography” (Screening del cancro al seno attraverso la mammografia). Al suo interno espone rischi e verità circa questo esame tanto popolare.
Il grande problema: l’imprecisione dello screening mammografico.
Lo scopo della mammografia è il conseguimento di una diagnosi precoce attraverso la scoperta di piccoli gruppi di cellule tumorali del seno, che non possono essere palpati o individuati durante un semplice controllo.
L’inconveniente maggiore consiste nel fatto che questa tecnica radiografica non permette di distinguere le cellule cancerogene pericolose che si trasformeranno in cancro del seno, da quelle inoffensive.
La verità è che tutti abbiamo, in una certa misura, gruppi di cellule tumorali nel corpo, individuabili solo attraverso un esame tanto minuzioso come quello offerto dalla mammografia. Ciò che succede nella maggior parte dei casi è che queste cellule regrediscono in modo spontaneo, senza che neanche ci accorgiamo della loro esistenza.
In particolare per le donne, è stato dimostrato che è normale, in un momento della propria vita, sviluppare quello che viene chiamato carcinoma mammario in situ o pseudo cancro, la cui eliminazione dovrebbe avvenire in modo naturale, senza provocare il minimo dolore o pericolo.
Questo tipo di carcinoma si sviluppa con una tale lentezza che non arriva mai a generare un cancro pericoloso o metastasi. Tuttavia, se individuato attraverso una mammografia, il medico sicuramente dirà quello che nessuno vorrebbe mai sentire: “lei ha il cancro”.
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Il falso positivo nello screening mammografico
Si stima che più della metà dei tumori diagnosticati attraverso la mammografia siano sovradiagnosi o falsi positivi, vale a dire indicati come pericolosi quando ancora non si sono manifestati nella vita dei pazienti e non hanno modificato la qualità della vita.
Il punto è che questo esame non ci permette di sapere con precisione quale sarà il futuro del tumore, motivo per cui il medico consiglierà di iniziare una terapia completa per bloccare la malattia.
Una volta che lo screening dia esito positivo, l’iter più probabile sarà l’estirpazione chirurgica, seguita da radioterapia, chemioterapia e quanto serve per eliminare il tumore. È qui che si verificano gravi conseguenze, dal momento che l’intero processo di “guarigione” comporta decine di effetti collaterali.
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Quando è utile sottoporsi a mammografia?
Nonostante i rischi potenziali legati a questa tecnica diagnostica, diverse organizzazioni ed enti concordano sul fatto che è meglio continuare a farla. Questo è vero soprattutto per le donne tra i 50 e i 74 anni, un periodo in cui vi è un rischio maggiore di sviluppare la malattia.
Allo stesso tempo sottolineano l’importanza del fatto che le donne debbano usufruire di “informazioni chiare ed equilibrate” sui possibili danni. Devono poter scegliere liberamente se sottoporvisi o meno. Sconsigliano, invece, le mammografie periodiche prima dell’età menzionata, ad eccezione dei casi con fattori di rischio genetici.
Attualmente, molti ricercatori stanno cercando di sviluppare tecniche complementari a questo tipo di diagnostica. Il loro scopo è di rendere i suoi risultati più precisi e ridurre il numero di donne sottoposte a trattamenti non necessari.
Nel frattempo, è essenziale che le donne conoscano i rischi a cui vanno incontro, pur nella consapevolezza che la mammografia possa comportare una diagnosi precoce e una terapia adeguata. Qual è la vostra opinione?
Bibliografia
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