
Il dolore è un’esperienza sensoriale sgradevole, un campanello d’allarme del nostro organismo che ci protegge da possibili lesioni. Si tratta…
Nella maggior parte dei casi, le calcificazioni mammarie non dovrebbero essere motivo di allarme. Sono quasi sempre benigne e non comportano conseguenze sulla salute. Solo in pochi casi rappresentano una condizione cancerosa o precancerosa.
Le calcificazioni mammarie sono depositi di calcio che si formano nel tessuto mammario. Non sono palpabili e non provocano disagio. In genere, si incontrano accidentalmente durante un esame di routine. In quasi tutti i casi sono benigni, ma conviene tenerli d’occhio.
Si stima che il 50% dei casi di tumore al seno sia associato a calcificazioni mammarie. Ciò non significa che il 50% delle calcificazioni mammarie evolverà in cancro. Nella maggior parte dei casi le due condizioni non sono correlate.
Tuttavia, poiché vi è una remota possibilità, è molto importante sottoporsi periodicamente a una mammografia per tenere la situazione sotto controllo.
Le calcificazioni mammarie sono piccoli depositi di calcio in uno o entrambi i seni. Durante la mammografia appaiono come minuscole macchie o punti bianchi. Sono piuttosto comuni dopo i 50 anni. È possibile classificarle in vari modi. Sulla base della loro distribuzione nel tessuto mammario, si dividono in:
In base al loro livello di rischio, le calcificazioni mammarie sono invece classificate come tipicamente benigne, indeterminate e altamente sospettose di malignità. Per determinare a quale gruppo appartengono, vengono esaminati il numero, la distribuzione e le anomalie associate.
Le calcificazioni mammarie sono asintomatiche, così come non rilevabili al tatto. È necessaria una mammografia per stabilirne la presenza. Durante l’esame, è possibile determinare l’esistenza di due tipi di calcificazioni:
Quando le calcificazioni al seno sono sospette, viene eseguita una seconda mammografia con vista ingrandita per escludere o confermare i sospetti. In quest’ultimo caso, in genere si procede alla biopsia. In ogni caso, la mammografia dovrà essere ripetuta periodicamente.
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Il primo aspetto da chiarire è che le calcificazioni mammarie non sono causate dal consumo di calcio. Si formano a causa dei diversi cambiamenti che si susseguono con il passaggio da una fase evolutiva all’altra nelle ghiandole mammarie. Ecco perché le loro composizioni cambiano in età diverse.
Nella maggior parte dei casi queste calcificazioni sono il risultato di condizioni non cancerose, come cisti mammarie, secrezioni o detriti cellulari, precedenti interventi chirurgici al seno o lesioni e calcificazioni della pelle o dei vasi sanguigni.
Solo in una minoranza di casi corrispondono a gravi problemi come il cancro al seno, il carcinoma duttale in situ o il fibroadenoma. È importante notare che per ottenere risultati mammografici affidabili, l’uso di creme per la pelle, deodoranti o polveri dovrebbe essere evitato il giorno dell’esame. Queste sostanze possono essere fuorvianti.
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Le calcificazioni mammarie non sono una malattia o un disturbo, quindi non richiedono un trattamento in quanto tale. Le misure da adottare dipendono dal grado di sospetto di cancro. Se sono considerate moderatamente sospette, verrà effettuato un controllo ogni 6 mesi.
Se il sospetto è più alto, verrà eseguita una biopsia. Va notato che l’80% delle biopsie eseguite da microcalcificazioni danno risultato negativo. Solo nel 20% dei casi indica la presenza di cancro. Pur così, raramente si verifica un’invasione nei tessuti.
Le calcificazioni mammarie sono più sospette quando sono molto piccole, hanno forme dissimili, sono raggruppate, distribuite in segmenti e variano nel tempo.