La leptospirosi è una malattia zoonotica che si sviluppa a causa di un’infezione provocata dai batteri del genere leptospira. Secondo quanto pubblicato dall’Organizzazione Panamericana della Salute (OPS), ogni anno si registrano circa 500.000 casi in tutto il mondo.
Il contagio tra gli esseri umani è poco comune e l’infezione in genere si presenta a seguito del contatto con l’urina di animali infetti oppure con ambienti contaminati. Continuate a leggere per saperne di più su questo agente patogeno e i suoi rischi per la salute.
Alla scoperta dell’agente patogeno responsabile della leptospirosi
Prima di tutto, bisogna conoscere il microrganismo responsabile della malattia. Il batterio in questione è la leptospira interrogans, del phylum delle spirochete.
Per la sua forma allungata, attorcigliata e con filamenti chiusi a gancio in entrambe le estremità, può sembrare un microscopico verme. Si tratta, invece, di un organismo procariote, ovvero costituito da una sola cellula, dunque meno complesso dal punto di vista strutturale rispetto a un qualunque anellide.
Un ciclo biologico complesso
Il batterio si insedia soprattutto nei mammiferi selvatici, come i castori, le volpi o i procioni. Il contagio avviene facilmente, in quanto è sufficiente che una ferita o una mucosa entri in contatto con l’urina dell’animale infetto.
Entrare in contatto con questo batterio può sembrare difficile, ma nei Paesi tropicali topi e ratti da città possono infettare gli animali domestici e questi, a loro volta, le persone.
L’essere umano è un organismo ospite del batterio solo per puro caso; non rientra nel suo ciclo vitale, ma se vi si insedia scatena un quadro clinico.
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Origini della leptospirosi
Come già anticipato, ci sono alte probabilità di contrarre la leptospirosi in zone contaminate. Il batterio viene trasmesso tramite l’urina e resta attivo nell’acqua o sul terreno per più di quattro settimane.
Secondo un articolo pubblicato dalla National Library of Medicine degli Stati Uniti, gli esseri umani possono contrarre la leptospirosi entrando a contatto con acqua o terra contaminata da urina infetta. Oltre a ciò, il contagio può avvenire anche tramite contatto diretto con animali infetti.
Una volta entrato nell’organismo attraverso le mucose o le ferite superficiali, si moltiplica provvisoriamente in diverse parti del corpo, fino a occupare in modo permanente i reni e il fegato.
Quadro clinico
Il periodo di incubazione va da una settimana a 12 giorni, e in questa prima fase sono osservabili sintomi simili al comune raffreddore. In base alla gravità e al sierotipo del batterio, la malattia può prolungarsi nel tempo con sintomi più gravi. Tra questi possono manifestarsi:
- Collo rigido.
- Insufficienza renale.
- Itterizia.
- Difficoltà respiratorie.
La malattia dura da alcuni giorni fino a diverse settimane, a seconda della gravità del caso. In genere, tuttavia, non supera mai la prima fase, dunque il paziente accusa fastidi lievi o è asintomatico.
Anche in questo caso, le persone con sistema immunitario debilitato, gli anziani o chi soffre di patologie pregresse sono più a rischio, in quanto predisposti a una maggiore proliferazione batterica nel corpo, nonché a maggiori difficoltà durante il processo di eliminazione del batterio.
È facile dedurre che le comunità dei Paesi poveri e con accesso ad acqua contaminata rappresentano le categorie più soggette a questa malattia.
- È sufficiente che un mammifero selvatico infetto urini in un pozzo di acqua affinché si scateni un’endemia (episodi della malattia in aree limitate) da leptospirosi.
- Anche le inondazioni favoriscono la proliferazione di questo batterio, poiché aumenta il contatto tra l’acqua corrente e i terreni contaminati.
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Bisogna preoccuparsi?
Inizialmente no. Sebbene si tratti della malattia zoonotica più diffusa al mondo, che colpisce sia i Paesi industrializzati sia in via di sviluppo, la sua incidenza è maggiore nelle aree tropicali con minore controllo sulle risorse di acqua.
A livello individuale, le persone che lavorano con il bestiame o con gli animali selvatici sono a rischio. Con le dovute precauzioni, tuttavia, si previene il contagio. Il batterio, di fatto, entra nel corpo quando le mani sporche toccano le mucose o se si beve acqua infetta.
Bibliografia
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