Pericolo di ricontagio: un enigma sul Coronavirus

Il dibattito sulla possibilità di essere ricontagiati, una volta guariti dal COVID-19, va avanti sin dall'inizio della pandemia. In questo articolo riportiamo tutte le informazioni attualmente disponibili al riguardo.
Pericolo di ricontagio: un enigma sul Coronavirus

Ultimo aggiornamento: 14 maggio, 2020

Il Coronavirus responsabile del COVID-19 e il pericolo di ricontagio sono gli argomenti al centro dell’attenzione dei mezzi di comunicazione e dei laboratori di tutto il mondo. Comprendere la malattia è fondamentale per poterla combattere.

Dati quali il periodo di incubazione o la sopravvivenza sulle superfici sono sempre più chiari, e permettono di agire con misure ben specifiche. Eppure, resta un dubbio importantissimo da risolvere in questa pandemia: una persona guarita corre il pericolo di ricontagio?

La questione non è fondamentale solo al fine di evitare i contagi, ma anche per prevedere la dinamica della pandemia a lungo termine. Il modello epidemiologico più utilizzato, ovvero il SIR, non prevede il rischio di ricontagio. Presuppone che una persona guarita abbia sviluppato l’immunità alla malattia, non essendo più quindi un vettore di contagio per altre persone sane.

Se questo parametro mutasse e una persona guarita potesse essere ricontagiata in un breve arco di tempo, le previsioni attuali non rappresenterebbero il reale scenario futuro. In questo articolo vi parliamo delle attuali conoscenze al riguardo.

Test falliti o ricontagio?

Dall’Asia giungono brutte notizie: fonti ufficiali della Corea del Sud avvisano che il 12 aprile sono state nuovamente ricoverate in ospedale 111 pazienti che si riteneva fossero guariti.

Il sistema immunitario riconosce gli antigeni dannosi che entrano nel corpo e ricorda le infezioni passate. Questo fenomeno prende il nome di immunità acquisita. Una volta ricordato l’agente patogeno, le esposizioni successive a quest’ultimo dovrebbero permettere al nostro corpo di agire in fretta per eliminarlo, evitando in tal modo il ricontagio.

Nel caso di altri tipi di Coronavirus è stata rilevata una immunità di mesi e persino di anni una volta guariti dalla malattia. Ma allora, come sono possibili le cifre della Corea del Sud?

In un’intervista sulla rivista Time, il Dottor David Hui, medico specialista in malattie respiratorie quali SARS e MERS, indica che può trattarsi di un errore di diagnosi: “il campione può non essere quello idoneo e il test potrebbe essere poco sensibile a questa malattia”. Così, una persona infettata potrebbe risultare negativa per errore umano.

Pericolo di ricontagio

Quel che resta del nemico: pericolo di ricontagio?

I virus si servono delle cellule umane per moltiplicarsi. Si impadroniscono del nostro meccanismo di duplicazione e se ne servono per replicare se stessi, moltiplicando il proprio materiale genetico. Sulla base di ciò, abbiamo un’altra teoria per spiegare il perché del “ricontagio” così precoce.

I test più sensibili potrebbero indicare resti di RNA del virus nel nostro organismo anche se il paziente è guarito dalla malattia. Questo RNA residuo può far scattare l’allarme, ma si ipotizza che si tratti di una porzione talmente piccola da non rendere concreto il pericolo di un ricontagio.

Uno studio eseguito in Cina su oltre 250 pazienti “guariti” ha dato i seguenti risultati:

  • Il 15% dei pazienti sono risultati di nuovo positivi dopo essere stati dimessi.
  • Di questa percentuale, la maggior parte erano persone giovani, che avevano manifestato sintomi lievi della malattia.
  • Di solito non presentavano sintomi al momento della positività al secondo tampone.

Questi dati potrebbero confermare le teorie appena descritte. Potrebbe continuare a esservi materiale genetico del nemico nel nostro corpo, ma questo non significa essere ancora infetti.

Pericolo di ricontagio: saremo immuni dopo l’infezione?

Virus del COVID-19

La risposta è triste, ma semplice: è troppo presto per saperlo. Siamo esposti all’infezione da poco più di quattro mesi, per cui non abbiamo a disposizione dati a sufficienza sull’immunità dinnanzi a questo virus.

Eppure, studi preliminari gettano le basi di un dato che dà speranza. Uno studio condotto sulle scimmie ha dimostrato che una volta guariti dalla malattia e a seguito di una nuova esposizione al virus, gli animali non contraevano di nuovo l’infezione. In nessun caso questi dati devono essere considerati assoluta realtà, visto che si tratta di studi eseguiti su specie diverse e non ancora pubblicati ufficialmente.

Nonostante le riserve, non c’è motivo di essere pessimisti. Gli esseri umani hanno un eccellente sistema immunitario che si è già dimostrato efficace una volta esposto a malattie simili al Covid-19, quali la SARS.

La prevenzione è la cura migliore

Dinnanzi a questa mancanza di informazione, l’unica cosa che possiamo fare è evitare innanzitutto il rischio di infezione. Misure quali l’isolamento sociale, l’incremento del telelavoro e la chiusura delle frontiere hanno lo scopo di ridurre ai minimi termini l’esposizione al virus.

Si tratta di accorgimenti fondamentali in questa situazione. Seguendo le misure prescritte, guadagniamo tempo e permettiamo agli enti di ricerca di scoprire come si comporta il virus e come combatterlo più facilmente.


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