Quando il bambino reclama attenzione: cosa fare?

Quando il bambino pretende la nostra attenzione, dobbiamo essere in grado di aiutarlo a ritrovare la calma. Come fare? Ecco alcuni consigli.
Quando il bambino reclama attenzione: cosa fare?
Maria Fatima Seppi Vinuales

Scritto e verificato la psicologa Maria Fatima Seppi Vinuales.

Ultimo aggiornamento: 10 aprile, 2023

“È solo un capriccio”, “lasciamolo piangere, gli passerà”… Sicuramente abbiamo sentito o usato queste frasi in numerose occasioni, per spiegare quelle situazioni in cui il bambino reclama attenzione. Forse sono state usate nella nostra stessa educazione o da conoscenti e amici.

Diverse aree del sapere, tuttavia, invitano a cambiare il nostro modo di intendere i bambini. L’obiettivo è quello di abbandonare i pregiudizi adultocentrici a favore di una genitorialità rispettosa o di una disciplina positiva; insomma smettere di pensare all’infanzia nei nostri termini, darle voce e comprenderla.

Il pianto non è sempre un capriccio, e non sempre deve passare da solo. È uno dei principali modi di comunicare dei bambini, soprattutto nei primi anni di vita. Il punto è cercare di capire di cosa hanno bisogno.

Perché il bambino reclama attenzione?

In generale, quando il bambino reclama attenzione non è un semplice capriccio. Sta cercando di comunicare qualcosa con il comportamento. Per comprenderlo, non basta avvicinarsi e parlare, ma bisogna anche pensare alle possibili situazioni che sta vivendo: un trasloco, un cambio di scuola, la perdita di una persona cara, tra le altre.

D’altra parte, i nuovi approcci alla genitorialità stanno cercando di smettere di parlare di capricci con una connotazione dispregiativa o negativa, e di pensare in termini di sfogo emotivo o di un sentimento che ha bisogno di essere espresso. Ecco alcune coordinate che possono aiutarci ad aiutarlo.

È importante tenere presente che un bambino che fa i capricci sta cercando di dirci qualcosa. A volte è l’unico modo che riesce a trovare, dato che il suo cervello è ancora in fase di sviluppo.

In una situazione come questa, il bambino è emotivamente disregolato e gli adulti devono aiutarlo a ritrovare la calma. In un secondo momento, sarà necessario lavorare sull’insegnamento di abilità che gli permetta di esprimersi e comunicare in modo diverso.

È inoltre importante capire che non si tratta solo di calmarlo, ma di aiutarlo a comprendere l’emozione sottostante che ha scatenato il disagio. La gestione delle emozioni è qualcosa di molto necessario, e lavorarci fin da bambini ha grandi vantaggi.

Quando è necessario intervenire in modo diverso?

È importante chiarire che una genitorialità rispettosa non significa assenza di limiti, né dare loro tutto ciò che vogliono. Al contrario. Capire che c’è “qualcos’altro” dietro un capriccio o un pianto inconsolabile non significa tollerare l’aggressività, la violenza fisica, la mancanza di rispetto o di educazione.

È importante stabilire limiti chiari, coerenti (condivisi da entrambi i genitori), costanti (applicati sempre nella stessa situazione: non punire oggi ciò che viene premiato domani) e con calma (senza alcun tipo di violenza).

Molte persone che si occupano di sostegno alla genitorialità suggeriscono di pensare in questo modo: il pianto (o il capriccio) è solo la punta dell’ iceberg. È quello che si vede, ma sotto c’è molto di più.

Consigli per gestire un bambino che si comporta male per attirare l’attenzione

Per aiutare il bambino a recuperare la calma o a trovare altri modi per chiedere ciò che vuole senza buttarsi a terra e urlare, dobbiamo pensare che gli mancano ancora i mezzi per autoregolarsi. In quanto adulti svolgiamo questo ruolo. Proviamo quindi a mettere in pratica i seguenti consigli.

Rispondere con rispetto ed empatia

Il bambino reclama attenzione perché non sa come ottenerla in altro modo.
La comunicazione tra genitori e figli è importante per ridurre progressivamente i capricci.

Quando ci troviamo di fronte a un comportamento indesiderato, dobbiamo rispondere con l’esempio, per quanto difficile possa essere. Se rispondiamo alle urla con altre urla, non facciamo altro che fissare il comportamento, anziché scoraggiarlo.

Chiedere, non dare per scontato

Nei bambini con una certa padronanza del linguaggio, abbiamo la possibilità di guidare con delle domande. Questo è un vantaggio, perché è una strategia che aiuta il bambino a ritrovare la calma, e noi a interpretare le sue emozioni.

Non date per scontato che siano arrabbiati per qualcosa, chiedete loro di cosa hanno bisogno per sentirsi meglio. Con queste informazioni sarà più facile prendere una decisione.

Permettete loro di esprimere le proprie emozioni

È importante dare valore a ciò che provano, anche se come adulti può sembrare poco importante. Incoraggiateli continuamente a esprimersi.

Aiutateli a riflettere

Mandarli nella loro stanza e farli tornare quando si calmano è controproducente, perché trasmette il messaggio che sono amati solo quando si comportano bene. Siegel e Payne raccomandano invece esattamente l’opposto.

Si tratta di avvicinarsi – a volte attraverso il contatto corporeo – per riflettere su ciò che sta accadendo. Questo non è solo un momento di pausa, ma pone anche le basi per lo sviluppo delle funzioni esecutive, che riducono l’impulsività.

Educare alla pazienza

comunicazione tra madre e figlio
Prendersi il tempo necessario per trasmettere ai bambini gli insegnamenti migliori è fondamentale per la loro crescita.

In alcune situazioni, il bambino reclama attenzione immediata. Dobbiamo capire che per lui il tempo è vissuto in modo molto diverso dal nostro, ma anche lavorare sulla tolleranza alla frustrazione.

Si deve aiutare il bambino a sviluppare la pazienza e a capire che non sempre può ottenere subito ciò che vuole. In questo caso bisogna pensare a delle alternative, negoziare, ma soprattutto aiutarlo a capire. Per esempio:

  • “Non puoi avere questo, ma puoi avere quello”.
  • “Ora non posso giocare con te perché sto lavorando, ma più tardi potrò”.

Non esiste una ricetta universale

Non possiamo applicare sempre la stessa misura. Dobbiamo sintonizzarci ed entrare in empatia. Tuttavia, ciò che si ripete sono i principi e i valori che portiamo nelle nostre azioni, come l’amore e il rispetto.

Quindi, mentre in alcuni casi sarà meglio un abbraccio, altre volte la risposta migliore sarà “no” e, in circostanze eccezionali, la cosa migliore sarà cedere.

Capire “da dove educhiamo”

Quando ci si trova ad affrontare qualsiasi situazione che riguardi l’infanzia, è necessario chiedersi da dove si agisce e quali sono le nostre ipotesi sul comportamento. A volte crediamo che il cattivo comportamento sia un capriccio o il “desiderio di fare il contrario”, invece di comprendere il messaggio implicito di un disagio o di una difficoltà.

D’altra parte, bisogna considerare le fasi di sviluppo del bambino; esistono comportamenti che ci si deve aspettare per una certa età, influenzati o determinati dallo sviluppo in corso. In questo modo, informarsi e confrontarsi con uno specialista può anche aiutarci a capire quali sono gli strumenti migliori da mettere in atto.

In ultima analisi, per fornire risposte sensibili ed empatiche, è fondamentale dedicare del tempo di qualità. Solo attraverso la condivisione e la conoscenza del bambino saremo in grado di capire di cosa ha bisogno per adattare la nostra risposta.


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  • Siegel y Payne Bryson (2015), Disciplina sin lágrimas: una guía imprescindible para orientar y alimentar el desarrollo mental de tu hijo., Penguin Random House Grupo Editorial España.

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