Perché ripetiamo gli stessi comportamenti più e più volte, anche se sappiamo che sono dannosi per noi? Perché finiamo sempre nelle stesse relazioni? Non ci sono risposte univoche a queste domande, ma la verità è che sono un asse centrale per la psicologia. Uno dei modi per affrontarlo è la proposta di una terapia di integrazione del ciclo di vita. Vi spiegheremo nel dettaglio di cosa si tratta.
L’infanzia e la sua influenza sullo sviluppo
L’infanzia è un momento chiave nella vita di tutti. In questa fase ci troviamo in uno stato di quasi totale dipendenza, che stiamo abbandonando –paradossalmente per mano di altri– nel tempo.
Impariamo a conoscerci, a sviluppare le nostre capacità, a creare risorse. Per questo, ciò che riceviamo dal nostro ambiente ci influenza e ci attraversa in modo così particolare.
Tuttavia, a volte le condizioni sono avverse e l’infanzia si svolge in un ambiente complesso; mancanza di affetto, situazioni di vulnerabilità, negligenza, assenza di riferimenti adulti, incidenti o situazioni traumatiche.
Per affrontare e risolvere questi problemi, può essere usata una terapia di integrazione del ciclo di vita. È una misura terapeutica che ha dimostrato di aiutare a guarire il corpo e la mente senza esacerbare le sofferenze del passato. Vediamo come.
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Terapia di integrazione del ciclo di vita: in cosa consiste?
La terapia di integrazione del ciclo di vita è una tecnica utilizzata per guidare il paziente verso i ricordi del passato che potrebbero causare il problema presente. Si tratta, quindi, di orientarlo a proporre una lettura alternativa di tale situazione, attribuendole un nuovo significato. Questa terapia è stata proposta da Peggy Page nel 2002.
Assorbe i contributi da diverse teorie, compresi i progressi nelle neuroscienze. Secondo questa terapia, lavorare con i ricordi consentirà di modificare le connessioni neuronali disfunzionali che si sono stabilite di fronte a una situazione traumatica.
Uno degli obiettivi della terapia di integrazione del ciclo di vita riguarda l’integrazione neuronale. In altre parole, portare la persona a “fare parte di sé” quell’esperienza dolorosa che genera disagio, invece di usare le difese e tutte le sue energie per cercare di evitare tale situazione.
In questo senso, lavora a stretto contatto con le emozioni, con la possibilità di riconoscerle, soprattutto quando si manifestano in determinate situazioni. Per questo è anche una terapia che attribuisce al paziente un ruolo attivo, un ruolo guida essenziale nella risoluzione dei conflitti.
Le persone possono prendere posizione e prendere decisioni; ma devono essere aiutate a riconoscere le proprie risorse. Allo stesso tempo, il paziente deve riuscire ad abbandonare i comportamenti difensivi, quelli sviluppati contro la sua esperienza del passato. In questo modo potrà scegliere consapevolmente quali strumenti o quali decisioni prendere.
Questa tecnica sottolinea che non fa rivivere il trauma. Quando ciò accade, le connessioni neurali attorno all’evento diventano più forti. Al contrario, l’utilizzo di tale terapia permette di sviluppare la resilienza di fronte alla situazione che genera disagio.
Come funziona la terapia di integrazione del ciclo di vita?
La terapia di integrazione del ciclo di vita può migliorare significativamente la qualità della vita e la salute mentale di coloro che subiscono un evento traumatico durante l’infanzia. Ma come si ottiene tale risultato? Vediamolo in dettaglio.
I ricordi
Si tratta di ricostruire i fatti, di fare appello agli eventi e alle memorie del passato. Implica la costruzione di una linea temporale sulla propria vita. Ad esempio, alla persona potrebbe essere chiesto di nominare alcuni eventi significativi per ogni anno.
Per raggiungere questi obiettivi viene utilizzata la tecnica del “protocollo nascita”. Al paziente viene chiesto di immaginarsi con in braccio un bambino e di immaginare di parlare con lui, cullarlo e coccolarlo. Inoltre, mira a rafforzare il riconoscimento delle proprie capacità per aumentare l’autostima.
Affrontare e creare nuove risorse
La prima risposta che siamo stati in grado di dare in una situazione dolorosa è stata la difesa, la reazione a una minaccia. Si è cristallizzata e l’abbiamo ripetuta continuamente. Tuttavia, un martello serve per estrarre un chiodo, non per dipingere o disegnare.
Con questo vogliamo dire che dobbiamo essere in grado di cercare risposte adeguate alle situazioni e non attenerci a una sola. Pertanto, impoveriamo il nostro mondo emotivo e rimaniamo bloccati in modalità difensiva.
L’idea di applicare la tecnica dell’integrazione vitale ha a che fare con il poter integrare l’esperienza, guardandola da un altro luogo e poterla cambiare per risposte più funzionali in sintonia con il nostro benessere. Riscriviamo la nostra memoria con altri sensi, altre storie.
Attraverso l’immaginazione e la visualizzazione, viene applicata la tecnica chiamata “riparazione di scene del passato”. Con questo, il terapeuta dice al consulente di accompagnare il bambino in quella situazione difficile, di guidarlo e di essere il suo supporto.
In questo modo, se nella scena è apparso un adulto che urla al bambino di aver rotto un nuovo giocattolo, ora apparirà in un modo diverso; puoi chiedergli cosa è successo, insegnargli a stare più attento e così via.
In quali casi può essere utilizzata la terapia di integrazione del ciclo di vita?
La terapia di integrazione del ciclo di vita è una risorsa che può essere applicata a un’ampia varietà di disturbi psicologici. I più frequenti sono i seguenti:
- Disturbi d’ansia.
- Stress post traumatico.
- Disordine alimentare.
- Problemi somatici.
- Disturbi dissociativi.
- Disturbi dell’attaccamento.
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Guardare il passato, dal presente
La terapia di integrazione del ciclo di vita ci permette di pensare alle persone in modo completo e complesso, con una storia e una traiettoria che fanno parte della loro essenza. Il paziente non esce “dal nulla”: lavora e rielabora i ricordi per dare loro un altro significato.
È un’occasione per responsabilizzarsi e diventare protagonisti, ora e una volta per tutte, di una situazione che ha causato danni. È un modo per “riscrivere” la quotidianità.
Bibliografia
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