La fecondazione in vitro consiste nella fecondazione di un ovulo con uno spermatozoo al di fuori dell’utero materno. Questa tecnica, realizzata in laboratorio, consente lo sviluppo di una gravidanza per le coppie affette da problemi di fertilità.
Louise Brown, figlia di Leslie e John Brown, è stata la prima persona a essere nata grazie alla fecondazione in vitro (FIVET). Accadde il 25 luglio del 1978 nell’Oldham General Hospital, a Manchester, in Inghilterra.
Da allora, in tutto il mondo sono più di 8 milioni i bambini nati grazie a questa tecnica, secondo i dati raccolti dalla Società Europea di Riproduzione Umana e di Embriologia presentati nel 2018.
Il nome “fecondazione in vitro” nasce in seguito alle prime prove realizzate negli anni Settanta, quando la fecondazione dell’ovocita veniva effettuata in tubi per analisi di laboratorio. Per questa stessa ragione, i primi bambini concepiti grazie alla FIVET venivano definiti nati in provetta.
Quando si ricorre alla fecondazione in vitro?
In genere la FIVET viene impiegata quando altri metodi di fecondazione meno invasivi, come i trattamenti ormonali o l’inseminazione artificiale intrauterina, non funzionano. È possibile realizzarla utilizzando gli ovuli e il seme della coppia oppure si può ricorrere a dei donatori se uno dei due soffre di un disturbo.
I casi più comuni di infertilità a cui è possibile porre rimedio tramite la fecondazione in vitro sono i seguenti:
- Danni alle tube di Falloppio. Ostacolano la fecondazione dell’ovulo e, in caso di ostruzione, non consentono all’embrione di raggiungere l’utero, impedendo la gravidanza.
- Problemi di ovulazione. Non c’è una produzione di ovuli sufficiente.
- Fibromi. Tumori alla parete dell’utero che ostacolano l’impianto dell’ovulo fecondato.
- Endometriosi. Il tessuto uterino cresce al di fuori delle ovaie.
- Insufficienza ovarica. Si verifica quando le ovaie non producono ovuli a sufficienza.
- Problemi genetici. Si presentano quando l’uomo o la donna soffrono di patologie congenite che possono trasmettere ai figli.
- Problemi che interessano il seme. La conta degli spermatozoi è bassa oppure questi ultimi presentano una scarsa mobilità.
- Legatura delle tube di Falloppio. Quando la donna è stata sottoposta a sterilizzazione, la fecondazione in vitro può rappresentare un metodo concezionale applicabile.
- Conservazione degli ovuli. Se la donna verrà sottoposta a un trattamento oncologico che comprometterà la fertilità, può conservare gli ovuli congelati per una successiva fecondazione in vitro.
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Come viene realizzata la fecondazione in vitro?
1. Preparazione
Prima di dare inizio alla fecondazione in vitro, i medici devono effettuare numerose analisi per verificare che sia la donna sia l’uomo siano in grado di fecondare attraverso questa tecnica
Queste analisi comprendono la diagnosi di eventuali malattie, la valutazione della qualità del seme, lo studio della riserva ovarica della donna, prove di trasferimento di embrioni ed esami della cavità uterina.
Una volta superata positivamente questa fase, alla donna vengono somministrati dei farmaci per la stimolazione ovarica e, successivamente, per la maturazione degli ovociti.
Dopo una preparazione della durata di un tempo compreso tra due settimane e un mese, verranno effettuate un’ecografia vaginale e un’analisi del sangue per verificare che il corpo e gli ovuli siano pronti per la fecondazione.
A questo punto si somministra un’iniezione di ormone hCG, o gonadotropina corionica, che induce la maturazione dell’ovulo. 36 ore dopo è possibile procedere con la fecondazione.
2. Acquisizione degli ovuli
L’estrazione dell’ovulo avviene tramite agoaspirazione in sala operatoria e sotto anestesia. Il procedimento dura circa 15 minuti.
Per l’estrazione si introduce una sonda ecografica attraverso la vagina. Poi si inserisce un ago sottile nella guida ecografica fino a raggiungere i follicoli per aspirare gli ovuli attraverso l’ago.
Nei casi in cui non è possibile effettuare l’ecografia vaginale, si ricorre alla laparoscopia, che consiste in una piccola incisione in prossimità dell’ombelico, dalla quale si introduce una fibra ottica insieme all’ago che estrarrà gli ovuli.
3. Fecondazione
Dopo l’estrazione degli ovuli e del seme dell’uomo, ha inizio la fecondazione in vitro. Il liquido seminale si ottiene attraverso la masturbazione o, in casi problematici, per mezzo di aspirazione testicolare; questa consiste nell’estrazione degli spermatozoi direttamente dai testicoli mediante un ago.
Nella FIVET, gli ovuli maturi vengono mescolati con lo sperma dell’uomo in una piastra di coltura con del siero materno, simile a quello che si trova nelle tube. Un altro procedimento è rappresentato dall’iniezione intracitoplasmatica, che consiste nell’iniezione di uno spermatozoo in ogni ovulo.
Gli embrioni frutto della fecondazione vengono analizzati tutti i giorni e selezionati per essere poi trasferiti nell’utero.
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4. Trasferimento di embrioni nell’utero
Dopo un periodo compreso tra i due e i sei giorni dopo la fecondazione, l’embrione viene installato nell’utero della donna per dare inizio alla gravidanza. Si realizza tale procedimento introducendo un catetere attraverso la vagina per raggiungere l’utero. Si iniettano così uno o più embrioni. Il tutto viene monitorato attraverso un apparecchio a ultrasuoni.
Se la fecondazione ha successo, l’embrione aderirà alle pareti dell’utero. Il successo della fecondazione può essere stabilito dopo 11 giorni. A partire da questo momento, seguirà una normale gravidanza, caratterizzata da un controllo periodico della gestazione.
Gli embrioni di buona qualità inutilizzati si conservano criogenicamente per poter essere impiegati successivamente senza dover ripetere la stimolazione ovarica, nel caso in cui si desideri intraprendere un’altra gravidanza. I protocolli di conservazione degli embrioni variano a seconda delle leggi di ogni singolo paese.
Possibili complicazioni e rischi della fecondazione in vitro
Il successo della fecondazione in vitro dipende da numerosi fattori, ma nei paesi sviluppati si calcola una media di nascite compresa tra il 41% e il 43% in donne che hanno meno di 40 anni. In donne al di sopra dei 40 anni, questa percentuale si riduce a un 18%. L’American Pregnancy Association segnala i seguenti rischi:
- Possibilità di gravidanza multipla, causata dalla stimolazione della fertilità e dall’impianto di vari embrioni. Questo fenomeno comporta rischi di parto prematuro e di neonati sottopeso alla nascita.
- Tassi di aborto lievemente superiori a quelle di una gravidanza normale, in particolare per le donne che hanno più di 40 anni.
- Infezioni vaginali, renali o delle vie urinarie, provocate da errori durante l’agoaspirazione.
- Gravidanza ectopica, che consiste nell’impianto dell’embrione al di fuori dell’utero.
In aggiunta, possono manifestarsi alcuni effetti indesiderati, come lievi emorragie durante i primi giorni della gravidanza, svenimenti, nausea e diarrea oppure stitichezza. Questi sintomi devono essere segnalati al ginecologo, ma in genere non comportano rischi.