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L'immunità di gregge si raggiunge attraverso un vaccino, o meno, e può essere la soluzione dell'attuale pandemia. Vi spieghiamo cosa si indica con questo termine.
L’espressione immunità di gregge non dice nulla alla maggior parte delle persone. Di recente, proprio per determinate dichiarazioni in ambito politico, è diventata famosa e si trova al centro di diversi dibattiti che riguardano il Coronavirus.
Ma cos’è l’immunità di gregge? Come funziona singolarmente e nel contesto collettivo? Ne parliamo in dettaglio a seguire.
Prima di entrare a pieno nell’argomento, è doveroso chiarire cosa si intende per immunità individuale:
Dopo aver dato una definizione di questo termine, almeno per sommi capi, vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
L’immunità di gregge è un termine che fa riferimento a un metodo indiretto di protezione individuale. Questo si verifica quando un’ampia percentuale di popolazione è immune a una malattia e, quindi, coloro che non sono ancora stati contagiati hanno meno probabilità di ammalarsi.
Dobbiamo immaginare la diffusione di un patogeno come una ragnatela:
Il principio alla base dell’immunità di gregge è contenere questa dinamica di diffusione. Il fatto che il Coronavirus raggiunga una persona immune rappresenta un’impasse: da quel momento non potrà essere ulteriormente trasmesso. Questo può favorire il rallentamento o il blocco della diffusione di una malattia.
Più sono le persone immuni, più empasse troverà il virus all’atto della diffusione.
I vaccini si basano su questo meccanismo, in quanto offrono una protezione individuale dalle malattie a chi è sano. In seguito a ciò, gli individui immunodepressi che non possono essere vaccinati avranno un certo livello di protezione in quanto saranno circondati da persone che lo sono.
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L’immunità di gregge, come tutti i termini epidemiologici, segue modelli matematici. Quando una proporzione elevata di popolazione è diventata immune a una malattia, perché ne è guarita o perché è stata vaccinata, si raggiunge il limite dell’immunità di gregge (acronimo inglese HIL).
Da questo punto in poi, il patogeno è destinato a scomparire nel tempo. Questo punto viene raggiunto quando la malattia mostra uno stato endemico continuo, in cui il numero degli infetti non aumenta né si riduce in maniera esponenziale.
Nel calcolo di questo parametro entra in gioco il valore R0 poc’anzi esposto, dunque la sua formula è così rappresentata, con S che è rappresenta la porzione di popolazione a rischio di contagio della malattia: R0*S=1
Senza entrare troppo nel mondo dei numeri e farci venire il mal di testa, ci limitiamo a dire che minore è il valore S (popolazione a rischio), minore sarà il valore di R0. A questo punto si conferma che più sono gli immuni, minore sarà la diffusione della malattia.
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Può sembrare una tentazione, dunque, lasciare che una elevata percentuale di popolazione si infetti, in quanto logicamente questo finirà per dare un freno alla pandemia. Ma ciò sarebbe fattibile se si trattasse di un virus innocuo.
Quando c’è anche una seppur minima probabilità che la patologia si complichi in un gruppo a rischio, questa strategia perde automaticamente valore. Dal punto di vista numerico, potrebbe essere accettabile, ma le vite in gioco rappresentano una questione etica e morale più che utilitaristica.
Alla luce di ciò, si sta cercando di trovare al più presto un vaccino contro il Coronavirus. Il raggiungimento di una immunizzazione ridurrà enormemente il numero di persone sane soggette a rischio, arrestando così la diffusione della malattia e, quindi, della pandemia.