Paziente zero: la ricerca durante la pandemia

I laboratori di tutto il mondo stanno unendo le loro forze alla ricerca di vaccini e farmaci efficaci contro il Coronavirus. Tuttavia, il punto focale della ricerca è l'individuazione del paziente zero per poter prevenire futuri focolai.
Paziente zero: la ricerca durante la pandemia

Ultimo aggiornamento: 04 maggio, 2020

Il nuovo Coronavirus SARS-COV-2 si è diffuso in modo incontrollato in tutto il mondo, monopolizzando i mezzi di comunicazione e l’attenzione del governo. Eppure, in questo calderone, c’è un fattore che spesso passa inosservato: l’importanza del paziente zero in una pandemia.

Questo termine è senz’altro familiare un po’ a tutti sin dall’inizio della pandemia globale. Il focolaio di partenza è stato individuato in un mercato del pesce della città di Hubei (Cina). Da lì, i percorsi della ricerca non sono più così chiari: sono stati i pipistrelli oppure i pangolini il primo canale della malattia? Chi è stata la prima persona a essere infettata?

Tutto questo può sembrare ridondante: a che scopo sprecare mezzi per saperne di più su qualcosa che è già successa? La risposta è semplice, ma univoca: scoprire le origini di questa pandemia aiuterà a evitare che situazioni come queste si ripetano. Continuate a leggere se volete saperne di più sul paziente zero di questo virus.

Il vettore inconsapevole

Il paziente zero (o caso primario) corrisponde al primo caso che attira l’attenzione del ricercatore e che dà il via a una serie di misure, visite e azioni necessarie a conoscere l’origine dell’infezione. Nella prima fase esistono tre tipi di caso primario:

  • Caso primario: il primo a manifestarsi in ordine cronologico.
  • Co-primario: è il caso successivo a quello primario ed è compreso all’interno del periodo di incubazione massimo a partire da una fonte comune.
  • Caso secondario: è successivo al primario, per cui, per tutto il periodo di incubazione, la trasmissione può essergli attribuita sulla base del caso primario.

Questa terminologia può sembrare superflua o difficile da comprendere, ma soffermiamoci su un concetto: il caso indice può essere uno qualunque dei 3. L’importanza del paziente zero non risiede tanto nel fatto che sia il primo o il secondo a infettarsi, bensì nella possibilità che dà di avvisare le autorità sanitarie per mettere in moto il meccanismo di ricerca.

Non sapremo mai qual è il primissimo infetto in una malattia come il COVID-19, che in molti casi è asintomatica, per cui a fare scattare l’allarme saranno sempre i centri di assistenza sanitaria.

Paziente zero e tasselli da domino
Non saremo mai certi riguardo alla prima persona infettata dal COVID-19, visto che l’attenzione si è spostata sul caso (o sui casi) che hanno fatto scattare l’allarme.

Il paziente zero: caso indice in Cina

Questa notizia può sembrarci sorprendente: il primo caso di Coronavirus individuato sembra riportarci indietro al 17 novembre 2019, stando alle autorità cinesi. Si pensa che sia stato un residente della città di Hubei di 55 anni.

Chiaramente queste prove sono state raccolte eseguendo test sulla malattia a posteriori, ovvero quando il paziente presenta un determinato quadro clinico, ma la malattia non è ancora stata descritta. In seguito a ciò, i sintomi vengono attribuiti ad altre altre cause.

A fine di marzo di quest’anno è stato individuato nel pangolino il possibile canale di trasmissione dell’infezione, e studi recenti supportano sempre più questa ipotesi. Uno studio di ricerca pubblicato sulla rivista scientifica Nature ha pubblicato i risultati dell’analisi di diversi resti di pangolini congelati. I dati sono rivelatori, per cui in 5 dei 18 campioni si trovano due ceppi di Coronavirus simili fino a un 90% a quello che ha colpito gli umani.

Questo indica che è più che probabile che una mutazione del virus del pangolino possa essersi adattato per invadere il corpo umano. Ci troviamo, dunque, davanti a più di un probabile vettore della malattia e al primo paziente a manifestare un quadro clinico da Coronavirus. Cosa ci manca?

Congiuntivite tra i sintomi del Covid
Anche se la ricerca prosegue con diversi studi, i risultati attuali suggeriscono che potrebbe essersi manifestata una mutazione del Coronavirus del pangolino, che si è adattato per invade il corpo umano.

Conoscere per poter agire

Il paziente zero non è solo uno, bensì dipende dall’area geografica. In effetti, è di vitale importanza conoscere l’origine del primo focolaio, ma anche di quello di tutto il resto del mondo.

In Europa, un tedesco di 33 anni potrebbe essere stato il primo paziente a contagiarsi, secondo una pubblicazione del New England Journal of Medicine (NEJM). Questo fa sorgere diverse domande:

  • In che modo il paziente ha contratto la malattia?
  • Quali mezzi di trasporto ha utilizzato per spostarsi nel periodo di contagio?
  • Con quante persone è entrato a contatto durante il periodo di incubazione?

A queste e ad altre innumerevoli domande si cerca di dare risposta con la ricerca del caso indice. Se riusciremo a conoscere la dinamica di una pandemia globale, la prossima non coglierà più così tanto di sorpresa le autorità governative.

Per esempio, se scoprissimo che il 90% dei pazienti zero di ciascun Paese ha contratto la malattia a causa di un viaggio in aereo, con i focolai successivi questo mezzo sarà il primo a essere monitorato.

La conoscenza di base di un evento è la chiave della prevenzione. Per questo motivo, nonostante tutte le misure adottate per evitare la diffusione di una pandemia, conoscerne le origini sarà sempre di vitale importanza.


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