L’infarto intestinale mesenterico è un’emergenza chirurgica provocata da un inadeguato flusso arterioso o venoso mesenterico. La diagnosi può essere difficile e questo la rende talvolta poco tempestiva.
La mortalità legata a questa malattia è piuttosto alta, malgrado gli sviluppi avvenuti negli ultimi anni in campo diagnostico e terapeutico. Una diagnosi precoce e la resezione dell’intestino aumentano il tasso di sopravvivenza.
I pazienti che sopravvivano all’evento acuto iniziale e all’operazione primaria devono in genere convivere con un intestino tenue o crasso più corto.
Cause dell’infarto intestinale mesenterico
Sono diversi i fattori eziologici associati alla comparsa dell’infarto intestinale. Si possono dividere in patologie intravascolari primarie e patologie extravascolari secondarie.
Il primo gruppo si può verificare a seguito di un’occlusione dell’arteria mesenterica superiore oppure per una trombosi della vena mesenterica superiore o un ridotto flusso mesenterico – infarto mesenterico non occlusivo. L’occlusione dell’arteria può essere causata da:
- Embolia.
- Trombosi di una placca di ateroma.
- Stenosi.
La patologia secondaria extravascolare provoca invece un’ostruzione dell’afflusso di sangue all’intestino; può verificarsi in queste circostanze:
- Volvolo dell’intestino e/o del mesentere.
- Ernia strozzata della parete addominale.
- Trauma vascolare, inclusa l’elettrocuzione (folgorazione).
Sintomi
I segni e i sintomi dell’infarto intestinale possono manifestarsi in modo improvviso o graduale. Il disturbo, inoltre, non si presenterà sempre nello stesso modo, bensì sarà diverso a seconda del caso; presentare uno di questi sintomi, pertanto, non indica necessariamente un infarto intestinale.
Esistono, tuttavia, caratteristiche simili. Quando l’infarto è acuto e si verifica in modo improvviso, i sintomi più comuni sono:
- Dolore addominale.
- Necessità urgente di evacuare.
- Movimenti intestinali frequenti e intensi.
- Sangue nelle feci.
- Nausea e vomito.
- Stato confusionale nel caso dei pazienti anziani .
L’infarto cronico o a sviluppo graduale è invece caratterizzato da:
- Coliche o eccessivo senso di sazietà dopo i pasti, di solito nella prima ora.
- Dolore addominale che peggiora in modo improvviso.
- Perdita di peso.
- Diarrea.
- Gonfiore.
Esami diagnostici
Se il medico sospetta un infarto intestinale mesenterico, può prescrivere una serie di esami diagnostici. Lo scopo sarà confermare o escludere la diagnosi. Tra gli esami troviamo:
- Analisi del sangue. Non esistono marcatori del sangue specifici per l’infarto intestinale; tuttavia le analisi di laboratorio possono indicare un aumento nella conta dei globuli bianchi, fatto che potrebbe essere indicativo.
- Esami diagnostici per immagini. Servono a valutare lo stato degli organi interni ed escludere altre cause che possano spiegare i sintomi e i segni accusati. Tra questi, troviamo la radiografia, l’ecografia, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica.
- Endoscopia. L’endoscopio è uno strumento che viene inserito attraverso la bocca. È dotato di telecamera e permette al medico di osservare l’interno dell’apparato digerente. La telecamera può anche essere inserita per via rettale.
- Ricorso a un mezzo di contrasto per valutare il sistema di vascolarizzazione. L’angiografia consiste nell’inserimento di un tubicino lungo e sottile (catetere) in un’arteria dell’inguine o del braccio e fatto passare fino all’aorta. Verrà quindi iniettato un colorante che scorrerà attraverso le arterie dell’intestino.
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Trattamento dell’infarto intestinale
Ha come obiettivo il ripristino del flusso di sangue verso la zona colpita. L’intervento chirurgico è utile per rimuovere coaguli di sangue, liberare dall’ostruzione un’arteria o riparare o rimuovere la sezione dell’intestino che è stata danneggiata.
Il trattamento può anche prevedere una terapia antibiotica o a base di farmaci che aiutino a prevenire la formazione di coaguli, a dissolverli o a dilatare i vasi sanguigni.
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Durante l’angiografia, eseguita a scopo diagnostico, sarà possibile rimuovere eventuali coaguli di sangue o aprire un’arteria ristretta mediante angioplastica.
Questa tecnica prevede l’uso di un palloncino collegato all’estremità di un catetere e serve a comprimere i depositi di grasso e allargare l’arteria. In questo modo si crea un canale più ampio attraverso cui il sangue può scorrere con maggiore facilità.
Un’altra tecnica, infine, prevede l’inserimento all’interno dell’arteria di un tubo metallico simile a una molla, denominato stent. Lo scopo è cercare di mantenere l’arteria aperta. Il medico sceglierà una o l’altra misura dopo aver valutato la gravità dell’infarto.
Bibliografia
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