La malattia di Huntington è un disturbo neurodegenerativo ereditario, caratterizzato dalla comparsa di sintomi motori, cognitivi e psichiatrici. Fa la sua comparsa fra i 30 e i 40 anni, con una progressione più o meno veloce verso la morte.
Altro nome che riceve questa malattia è quello di “còrea di Huntington”, termine che fa riferimento al tipo di alterazioni motrici tipiche della malattia, i movimenti coreici.
Come si eredita la malattia di Huntington?
La malattia di Huntington si eredita in modalità autosomica dominante; ovvero il gene alterato “possiede maggiore forza” rispetto a quello non alterato. Dunque basterà ereditare una copia difettosa proveniente da uno dei genitori per sviluppare la malattia.
Il termine “autosomico” indica che l’alterazione non si trova nei cromosomi sessuali. In effetti l’alterazione genetica della malattia si trova nel cromosoma 4. Per capire meglio, facciamo un esempio:
In una coppia formata da un uomo affetto da malattia di Huntington e una donna senza questa malattia, lei avrà le due copie del gene normali, mentre lui presenterà almeno uno dei due alterati.
Che succede se avranno un figlio? Ci sarà il 50% di probabilità che il figlio erediti il gene mutato. In tal caso, si svilupperà la malattia.
Bisogna sottolineare che nella malattia di Huntington, la penetranza si avvicina al 95%. Ciò implica che la quasi totalità delle persone che presentano un allele mutato, sviluppano i sintomi della malattia.
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Qual è la causa?
È dovuta all’espansione anomala di triplette nucleotidiche CAG, nel gene della Huntingtina, ubicato nel cromosoma 4. Nella maggior parte dei casi, si producono fino a più di 39 copie, essendo questo dato indicativo della malattia. La mutazione comporta la comparsa della proteina huntingtina mutante, che provoca sia in maniera diretta che indiretta un certo danno neurologico.
Evoluzione della malattia di Huntington
Normalmente la malattia si manifesta tra i 30 e i 40 anni nella maggioranza dei casi. Nonostante ciò, ci sono casi in cui la malattia si sviluppa nell’infanzia o durante la gioventù. Inoltre, sono stati riportati casi di persone maggiori di 55 anni che hanno sviluppato la malattia. In sintesi l’età in cui compaiono i primi sintomi è variabile.
La corea di Huntington evolve lentamente ma inesorabilmente fino alla morte. Durante la sua progressione può essere predominante un tipo di sintomo rispetto ad un altro, a seconda della persona.
Manifestazioni cliniche iniziali
Le prime manifestazioni cliniche non sono particolarmente importanti. Possono comparire insonnia, inquietudine, ansia e persino piccole alterazioni nel comportamento. Sono tipici di questa tappa i movimenti erratici di mani e piedi (colpi improvvisi ad oggetti) ed i tremori.
Progressione della malattia
Man mano che la malattia avanza, i sintomi motori divetano sempre più evidenti e difficili da controllare.
- Movimenti coreici. Si tratta di movimenti involontari degli arti, né ritmici né regolari, anche se possono ricordare vagamente il“ballare”. Peggiorano con il tempo, rendendo il soggetto incapace di svolgere le sue attività giornaliere.
- Bradicinesia, o lentezza nell’iniziare o sviluppare movimenti volontari.
- Disartria. Viene denominata così la difficoltà di articolare parole e suoni.
A questi problemi si sommano le alterazioni a livello cognitivo e quelle psichiatriche. A livello cognitivo possono vedersi alterate diverse funzioni. Tra gli altri problemi, spiccano:
- Disturbi del linguaggio, con difficoltà a ripetere, nominare e formare frasi complesse. Questi problemi, esattamente come i disturbi motori, cominciano in modo molto lieve, quasi impercettibile, per poi progredire.
- Alterazioni nella capacità di organizzazione e di esecuzione dei compiti. Si palesano anche problemi a riconoscere e processare emozioni proprie e altrui.
- Difficoltà ad orientarsi nello spazio. È abbastanza frequente che le persone affette da tale malattia sbattano contro oggetti (angoli, tavoli, ecc.).
Infine, i disturbi psichiatrici sono quasi una costante e possono palesarsi persino prima che si manifestino i primi sintomi della malattia. Tra di essi sono molto comuni ansia e depressione, associati fondamentalmente alla progressione della malattia. Possono anche comparire quadri di psicosi e apatia…
Fase finale della malattia
Nella fase finale della malattia, si produce una perdita totale della funzionalità. I pazienti affetti dalla malattia di Huntington nelle fasi finali hanno bisogno di cure nell’arco delle ventiquattro ore. Arrivati a questo punto, i malati sono incapaci di comunicare o persino di pensare, eccetto brevi momenti di lucidità.
Sebbene la corea in questi casi possa essere scomparsa, viene sostituita da rigidità e bradicinesia. Hanno bisogno di aiuto per alimentarsi e di sonde vescicali. A questo punto il rischio di polmonite da aspirazione è molto elevato. Di solito la morte arriva per complicazioni derivate dalla malattia o per suicidio.
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Diagnosi
La diagnosi della malattia, esattamente come per le altre, deve essere realizzata in funzione di un colloquio con il paziente, con esplorazione fisica (con particolare attenzione all’esplorazione neurologica). Allo stesso tempo bisogna valutare il quadro clinico e, in particolare, gli eventuali precedenti in famiglia.
Inoltre, è necessario realizzare una valutazione psichiatrica, che aiuterà il medico ad esplorare con maggiore profondità la salute psico-emotiva del paziente e a determinare le possibili difficoltà.
Anche la realizzazione di studi genetici è altamente consigliata. Devono essere effettuati se il paziente mostra sintomi motori tipici della malattia. Il risultato di queste prove dev’essere trasmesso al paziente e, a causa delle implicazioni, anche alla sua famiglia.
Trattamento
Attualmente non esiste nessun trattamento che curi la malattia. L’unica cosa che si cerca di curare sono i sintomi, oltre che cercare di migliorare la qualità di vita di questi pazienti. In tal senso, è fondamentale che sia i pazienti che i loro familiari ricevano un appoggio di tipo psicologico.
Per trattare i problemi di movimento si impiegano farmaci come la tetrabenzaina, che riduce i movimenti coreici; tuttavia, essa può peggiorare i disturbi psichiatrici. Per trattare gli aspetti psico-emozionali del paziente, si impiegano:
- Antidepressivi
- Ansiolitici
- Stabilizzatori dell’umore
- Altri farmaci.
Bisogna sottolineare che alcuni farmaci come l’aloperidolo hanno effetti anche sui disturbi del movimento.
Studi in corso
Negli ultimi 20 anni sono stati realizzati quasi 100 studi clinici con più di 49 partecipanti attivi diversi. Tuttavia, meno di un 4% di tali studi hanno mostrato risultati promettenti.
Al giorno d’oggi è possibile che i risultati più promettenti provengano dalle terapia dirette contro il DNA o l’RNA della proteina mutante originata dalla malattia.
Bibliografia
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