Sensibilità al dolore: perché varia?

Sappiamo bene che alcune persone sono più sensibili al dolore di altre, ma non sempre ne comprendiamo la ragione. Sono diversi i fattori in gioco, soprattutto genetici. Ma qual è il parere della scienza in merito alla sensibilità al dolore?
Sensibilità al dolore: perché varia?
Leonardo Biolatto

Scritto e verificato il dottore Leonardo Biolatto.

Ultimo aggiornamento: 27 maggio, 2022

È ben risaputo che esistono persone più sensibili al dolore di altre. Tutti abbiamo avuto modo di appurare questa differenza almeno una volta. La sensibilità al dolore, anche tra individui della stessa età o appartenenti alla stessa famiglia, può essere molto diversa. Analogamente, è altrettanto variabile la risposta del singolo organismo al trattamento con farmaci analgesici.

Ma cos’è il dolore? Non è per niente facile da definire. La comunità scientifica concorda nel descrivere il dolore come un’esperienza spiacevole associata a un danno reale o potenziale.

Così com’è difficile definirlo, lo è altrettanto trattarlo e interpretarlo. Per i medici di base, affrontare il dolore è un compito complicato. E se a ciò si aggiunge il fatto che alcune persone sono più sensibili di altre, trovare il giusto approccio per ognuna diventa ancora più complesso.

Si stima che più della metà delle variazioni inerenti alla sensibilità al dolore negli esseri umani sia attribuibile a cause genetiche. È come dire che la soglia di dolore è impressa nel nostro DNA.

La soglia di dolore è la quantità minima di stimolo sopportabile prima di provare la sensazione identificata come dolorosa. Tale soglia è specifica per ogni individuo e dipende da fattori, oltre a quelli genetici, di cui vi parleremo a breve.

Fattori legati alla sensibilità al dolore

La sensibilità al dolore dipende anche dalla genetica. Ma la genetica influisce in maniera continuata nel tempo. I fattori coinvolti sono:

  • Epigenetica: alcuni studi hanno analizzato la sensibilità al dolore nei gemelli monozigoti per verificare l’ipotesi della variabilità legata alla genetica. Di fatto, i gemelli condividono lo stesso DNA, ma non reagiscono allo stesso modo al dolore. Gli studi indicano che il contesto sociale e lo stile di vita concorrono nel modificare la soglia di dolore
  • Desensibilizzazione: il dolore è una sensazione percepita da alcuni recettori denominati nocicettori. Quando lo stimolo doloroso è cronico e prolungato nel tempo, i nocicettori si spengono. È in questo caso che si parla di desensibilizzazione.
  • Attenzione: è risaputo che l’attenzione rivolta al dolore è in grado di aumentarlo o ridurlo. Negli esercizi in cui si propone al paziente dolorante di prestare attenzione ad altro, il dolore tende a essere percepito come più lieve.
  • Sonno: la sensibilità al dolore è legata anche al cattivo riposo. Secondo alcuni studi, dormire male aumenta l’attività delle aree cerbrali che interpretano il dolore. Peggiore è il riposo, minore è la soglia del dolore.
Dolore al polso.

Le persone meno sensibili al dolore

Esistono rare mutazioni genetiche che rendono insensibili al dolore. Un tempo tale condizione veniva denominata analgesia pura. Successivamente e grazie a una maggiore comprensione della genetica, la diagnosi è divenuta più accurata. Oggi abbiamo un nome per le diverse mutazioni, come la canalopatia da insensibilità al dolore o la mutazione del gene SCN11A.

Le mutazioni genetiche che alterano la sensibilità al dolore, causando analgesia, in genere consistono in modificazioni dei nocicettori. Altre mutazioni colpiscono i nervi che trasmettono le informazioni del dolore al cervello.

Sebbene possa apparire un vantaggio rispetto alla maggiore sensibilità al dolore, in realtà non lo è affatto. L’assenza di dolore è pericolosa per la vita di chi possiede tale caratteristica.

Non percependo il dolore, il corpo non può reagire ai pericoli reali o potenziali. Immaginiamo che un chiodo trafigga un piede non provocando una reazione per cui con il tempo si produca un’infezione.

Analogamente, se il dolore in un organo interno non produce il segnale corrispondente, la malattia potrebbe progredire fino alla morte del soggetto.

Nocicettori.

Le persone più sensibili al dolore

Al polo opposto, troviamo le persone che soffrono enormemente il dolore. Interpretano i segnali di dolore in modo estremo, percependo persino quelli minimi come insopportabili. Anche in questo caso si tratta di mutazioni genetiche con una specifica denominazione, come l’eritemalgia primaria. Il gene interessato in questo caso è l’SCN9A, che aumenta la trasmissione nervosa del dolore.

Oltre alle cause genetiche, esistono casi di sensibilità al dolore legati all’azione della morfina e delle dipendenze. Gli individui che fanno uso massiccio di derivati ​​della morfina come analgesico o che sono dipendenti dall’eroina, con il tempo possono diventare maggiormente sensibili al dolore.

Tale stato di iperalgesia è generalmente associato a un altro, noto come allodinia. L’allodinia è il dolore generato da situazioni che non dovrebbero essere dolorose, come ad esempio lo sfregamento degli indumenti. Di fatto, le persone più sensibili al dolore provano tale sensazione anche a fronte di stimoli lievi.


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