La dieta antinfiammatoria per obesità e malattie croniche

Obesità, infiammazione cronica e probabilità di sviluppare malattie non trasmissibili sono in stretto rapporto. Seguire una dieta antinfiammatoria aiuta a ridurre i fattori di rischio e migliora la nostra salute. Scoprite perché.
La dieta antinfiammatoria per obesità e malattie croniche
Mariana Sánchez Huergo

Scritto e verificato la nutrizionista Mariana Sánchez Huergo.

Ultimo aggiornamento: 09 agosto, 2022

La terapia per le malattie croniche legate agli stati infiammatori deve essere affiancata a una dieta corretta. Per chi soffre di queste patologie, è importante sapere quali alimenti possono peggiorare i sintomi e quali, invece, hanno effetto positivo. Come agisce una dieta antinfiammatoria?

La dieta antinfiammatoria e le NCD

Le malattie croniche non trasmissibili (non communicable diseases, NCD) hanno un’origine comune: l’infiammazione. L’infiammazione cronica è il principale fattore causale dei disturbi metabolici; aumenta, quindi, le probabilità di sviluppare una malattia cronico degenerativa.

È fattore chiave nella patogenesi della disfunzione endoteliale, così come nell’aterosclerosi. Una dieta antinfiammatoria è quindi elemento portante nella prevenzione e nel trattamento di questo gruppo di malattie.

Che cos’è l’infiammazione?

Secondo una ricerca condotta da Strowig T. et al. nel 2012, l’infiammazione acuta è una risposta fisiologica a un’infezione o a un danno tissutale. In altre parole, l’inizio della guarigione e della riparazione dei tessuti vascolari.

I segni clinici che la caratterizzando sono calore, arrossamento, tumefazione e dolore; sono prodotti da fattori come le citochine, chemochine, specie reattive dell’ossigeno e fattori di coagulazione.

Sebbene l’infiammazione acuta si presenti come reazione di difesa, quando si mantiene nel tempo diventa un disturbo cronico. L’infiammazione contribuisce alla patogenesi di numerose malattie, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Current Topics in Behavioral Neurosciences.

Ciò avviene attraverso la regolazione di fattori di trascrizione (soprattutto fattori di necrosi tumorale, NFKB) e fattori regolatori dell’interferone (IRF) che attivano l’espressione di geni antinfiammatori, immunitari e antivirali. 

Obesità e infiammazione silenziosa

L’espressione dei geni e una maggiore produzione di sostanze pro infiammatorie è direttamente proporzionale alla quantità di tessuto adiposo Nelle persone obese, pertanto, è presente uno stato infiammatorio prolungato e cronico che favorisce le disfunzioni patologiche.

Tra queste alterazioni troviamo ridotta sensibilità all’insulina, disfunzioni nelle cellule β del pancreas, malattia epatica non alcolica e aterosclerosi.

Grasso viscerale.
Infiammazione cronica, eccesso di tessuto adiposo e sindromi metaboliche sono in stretto collegamento.

Secondo l’OMS, l’obesità (definita come eccesso di adiposità dannoso per la salute) ha raggiunto negli ultimi decenni tassi di incidenza paragonabili a quelli di un’epidemia.

Obesità e sindrome metabolica

L’obesità è associata a disfunzioni multiorgano con impatto cronico a livello metabolico (soprattutto pancreatiche, adipose, epatiche, cardiache e muscolo-scheletriche). Nel loro insieme tali alterazioni determinano la sindrome metabolica.

Quest’ultima ha origine multifattoriale, ma è l’ambiente in cui viviamo a determinare l’espressione dei geni con le rispettive alterazioni metaboliche. Non si può parlare di ambiente senza parlare di cibo.

In particolare, una dieta ricca di grassi di origine animale, prodotti molto processati o ad alto contenuto di zucchero, nonché uno scarso consumo di frutta e verdura, sono associati a un eccessivo peso corporeo, aumento della glicemia, della pressione, ecc.

Il ruolo della dieta antinfiammatoria

Una ricerca del 2019 condotta da Antonino Tuttolomondo et al. e pubblicata su International Journal of Molecular Science, così come numerosi altri studi, conferma il ruolo decisivo del piano alimentare nel prevenire una malattia, curarla o ridurre la mortalità.

La dieta mediterranea è stata ampiamente studiata, in particolare la sua capacità di ridurre i biomarcatori dell’infiammazione; tra questi iperinsulinemia, iperglicemia, dislipidemia, adiposità centrale, ipertensione arteriosa e altri. Secondo Sears B. et al. (2015), una dieta antinfiammatoria deve comprendere:

  • Integrazione di acidi grassi Omega 3 (2-3 g di acido eicosapentaenoico e docosaesaenoico al giorno).
  • Restrizione calorica con un adeguato equilibrio tra i principali nutrienti (carboidrati, proteine e lipidi); calcolo effettuato da un nutrizionista.
  • Consumo di alimenti vegetali ricchi di polifenoli (composti bioattivi responsabili dell’inibizione del fattore di trascrizione NFKB).

Ciò consente di bloccare i geni che hanno il compito di produrre sostanze pro-infiammatorie, soprattutto nell’infiammazione cronica. Si attiva, inoltre, il percorso di segnalazione della proteina chinasi AMP, complesso che funziona come rilevatore di energia cellulare, che partecipa al bilancio energetico e favorisce il consumo di calorie.

La dieta mediterranea

La dieta mediterranea non è un piano alimentare omogeno o esclusivo dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo (Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Croazia, tra gli altri).

Sebbene sia accomunata da un elevato consumo di frutta, verdura, cereali integrali, carni magre, semi e olio d’oliva, ogni paese ha le proprie abitudini alimentari che sono influenzate da fattori socioculturali, religiosi ed economici.

Olio su ciotola di insalata.
Per le sue caratteristiche, la dieta mediterranea è uno dei modelli alimentari che possono aiutare a combattere l’infiammazione.

Combattere l’infiammazione a tavola

La dieta mediterranea prevede un adeguato consumo di grassi saturi (soprattutto omega 3), un basso apporto di grassi insaturi e trans, un’elevata presenza di composti bioattivi (grazie alla presenza di cibi vegetali) e zuccheri naturali e non trasformati.

È, quindi, in grado di combattere l’infiammazione. Nello specifico, regola i fattori associati alla sindrome metabolica che descriviamo nelle righe che seguono.

Diabete

  • Contribuisce a ridurre l’insulino-resistenza.
  • Riduce la concentrazione di glucosio plasmatico.
  • Aumenta la produzione di incretine GLP-1 (ormoni intestinali che promuovono la produzione di insulina).

Dislipidemia

  • Riduce il tasso di colesterolo LDL e dei trigliceridi.
  • Aumenta la produzione di colesterolo HDL e di adiponectina.
  • Riduce il riassorbimento intestinale degli acidi biliari e del colesterolo.

Malattie cardiovascolari

  • Diminuisce la produzione di cellule schiumose coinvolte nella formazione della placca di ateroma.
  • Regola la pressione arteriosa sistolica e diastolica.
  • Favorisce la vasodilatazione.
  • Migliora l’elasticità dei vasi sanguigni.
  • Di conseguenza, riduce il rischio di infarto del miocardio e accidenti cerebrovascolari.

Dieta antinfiammatoria per controllare i fattori di rischio legati all’obesità

Dobbiamo ricordare, infine, che malgrado la predisposizione genetica abbia un peso importante nello sviluppo di molte malattie, lo stile di vita ne favorirà la comparsa o aiuterà a prevenirle.

Adottare una dieta antinfiammatoria, che comprenda cibi ricchi di polifenoli e grassi insaturi (omega 3), permette di curare l’infiammazione, tenere sotto controllo il peso e proteggere la salute. Chiedete consiglio al nutrizionista.


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  • Strowig T, Henao-Mejia J, Elinav E, Flavell R. Inflammasomes in health and disease. Nature. 2012;481(7381):278-86.

  • Halaris A., Inflammation associated co morbidity between depression and cardiovascular disease. Curr Top Behav Neurosci, 2017. 31: 45-70.
  • Tuttolomondo A., Simonetta I., Daidone M., Mogavero A., et al., Metabolic and vascular effect of the mediterranean diet. Int J Mol Sci, 2019.
  • Sears B., Anti inflammatory diets. J Am Coll Nutr, 2015. 1: 14-21.

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