Essere felici non è impossibile, tutti, di fatto, abbiamo diritto alla felicità, ma non sempre sappiamo cos’è, in cosa consista o a cosa serve. È un concetto assolutamente personale e soggettivo, pertanto solo il singolo può definire cosa significhi per lui essere felice.
Nelle prossime righe rifletteremo su questo concetto, nel quale spesso i beni materiali vengono privilegiati e il tempo è impiegato per accumulare denaro. La fama e il mito dei soldi che fanno la felicità conducono, a volte, a epiloghi catastrofici. Eppure, essere felici non è impossibile.
Essere felici non è impossibile: i soldi fanno la felicità oppure no?
Il significato della felicità è cambiato nel tempo in funzione di fattori socioculturali, cicli evolutivi, prospettive teoriche, aree scientifiche, ecc. In molti hanno cercato di fornire una definizione in grado di chiarire e far capire cosa significhi essere felici; dai filosofi cinesi a quelli greci, dagli etologi e neuroscienziati agli psicologi, come Darwin, Ekman, Friesen, Maslow, Freud, Seligman, ecc.
Come per altri concetti astratti quali amore, lealtà, onestà, generosità, risulta complesso fornire una definizione generale del concetto di felicità. Questo perché ogni persona elabora la propria definizione in base a parametri assolutamente soggettivi e personali.
Essere felici non è impossibile: cos’è la felicità?
La parola “felicità” deriva dalla radice latina felix che significa “fertile”. Il concetto è ancora valido, in quanto se si leggono le diverse definizioni di felicità è presente in tutte. La fertilità, infatti, implica sviluppo, progetto, crescita, iniziativa, progresso, tutti significati strettamente legati all’essere felici.
Possiamo considerare la felicità come uno stato d’animo nel quale l’essere umano si sente soddisfatto, allegro e contento. È associata al piacere, ma anche alla sensazione di allegria:
- Concatena i fattori biologici neuroendocrini.
- Coinvolge il sistema limbico del cervello.
- Implica fattori emotivi, in quanto la felicità è un sentimento che si basa in parte sulla gioia (una delle sei emozioni darwiniane di base).
- Coinvolge i fattori cognitivi: ovvero ci porta a pensare in modo positivo indebolendo i pensieri negativi e automatici, nonché i fattori sociologici.
D’altro canto, siamo fertili anche in ciò che realizziamo: quando ci sentiamo forti nel processo di ottenimento degli obiettivi e quando giungiamo alla meta ambita, ci sentiamo felici. Ciò significa che la fertilità conduce alla felicità. In tal senso, la felicità riguarda anche il rafforzamento dell’autostima e dell’apprezzamento di sé.
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Risultati di alcuni studi scientifici
I soldi non fanno felicità, dice il proverbio popolare, ma questo aspetto è stato scientificamente provato. Gli specialisti assicurano che esiste una soglia di denaro, per esempio lo stipendio mensile, che se superata può portare alla depressione. Com’è possibile?
Da oltre un decennio la felicità viene studiata a livello scientifico; non a caso esistono corsi post-laurea in neurofelicità e classifiche mondiali che valutano la società più felice in base a una serie di standard.
Lo stato di felicità richiede la presenza di precisi neurotrasmettitori e neurormoni:
- La serotonina, la sostanza della calma, della tranquillità e del benessere. Risulta scarsa negli individui affetti da depressione.
- Le endorfine, le nostre morfine interne secrete durante lo sport, i rapporti sessuali e le risate.
- La dopamina che tra i tanti aspetti positivi favorisce la motivazione e la ricompensa.
- L’ossitocina che entra in azione nelle situazioni legate all’amore paterno o materno, all’abbraccio e al parto.
Le scale della felicità costruite sulla base di precise variabili indicano che:
- Nei paesi con gravi e medi problemi economici e con alti livelli di povertà il valore del denaro è rilevante per la felicità.
- Nei paesi nei quali è assicurato il profitto pro capite, il livello economico non rappresenta un aspetto rilevante; ovvero non costituisce una delle variabili che garantisce la felicità.
Guadagnare è complicare
Un salario dignitoso nei paesi del primo mondo rende possibile avere un tetto, cibo, istruzione, divertimento, vacanze e un’organizzazione di supporto. Il superamento di tale reddito sembra essere direttamente proporzionale agli obblighi derivanti dal guadagno (più tempo da dedicare al lavoro, più tasse, scambio di beni immobili, acquisizione di beni materiali inutili, ecc.), di conseguenza meno tempo per goderne.
Ciò non provoca solo depressione, ma anche stress, la dipendenza da sostanze, uso di droghe psicotrope, ecc. Guadagnare di più, dunque, causa maggiori complicazioni.
Non solo il poco tempo a disposizione, ma anche le tasse, gli acquisti che aumentano, il saldo delle carte di credito che raddoppia, spese difficili da controllare. “Guadagnare” e “complicare”, una coppia complementare che è arduo spezzare.
Essere felici non è impossibile: beni materiali
Nei paesi capitalisti, i beni materiali sembrano essere indispensabili. Per esempio, una casa d’effetto, un’auto di lusso, abbigliamento di marca che possa essere riconosciuto sono tutti beni acquistati per mostrare il proprio status. Ma vale la pena di chiedersi: a chi dobbiamo dimostrare di essere migliori e di essere più ricchi della media?
Il detto “I soldi non fanno felicità” è usato per contrastare la forza che riveste il mito dell’importanza del denaro (il denaro come passaporto per l’acquisizione di beni materiali che conducono alla presunta felicità).
Viviamo (o abbiamo costruito) una società assolutamente basata sul successo, le cui variabili sono: fama, riconoscimento sociale, professione e lavoro, beni materiali, viaggi, abbigliamento, eterna giovinezza, ecc.
Biologicamente siamo esseri relazionali che stabiliscono legami e tentano di essere accettati e inclusi nei vari gruppi. Ma la domanda è: su quali parametri costruiamo l’inclusione e l’accettazione? Se lasciamo che il materialismo coincida con la felicità, commettiamo un grosso errore e ci allontaniamo dalla giusta direzione.
Il successo si riferisce più all’apparire che all’essere. Qualsiasi bene materiale può costituire un elemento di riconoscimento determinante.
Essere felici non è impossibile: avere e essere
Si pensa più a cosa possano pensare gli altri piuttosto che al proprio benessere. Fu il famoso psicologo Erich Fromm a sviluppare un’intera opera sull’avere e sull’essere. L’errore della società capitalista è credere di “essere per quello che si ha”.
Nella folle corsa al guadagno l’unica cosa che possiamo acquistare è il tempo, quello destinato a produrre denaro per sostentare un piacere idealizzato. Un piacere che non si ottiene, perché manca il tempo e per via dei ritmi malati a cui l’essere umano si sottopone per produrre. Un bellissimo e sadico paradosso.
Possiamo dunque affermare che può essere più felice una famiglia della classe medio bassa piuttosto che una coppia benestante. Uno dei grandi motori delle aspirazioni è il desiderio, ed è la mancanza di qualcosa a far nascere il desiderio. Il desiderio diviene una grande motivazione per definire progetti che favoriscano la crescita.
Sebbene altri autori parlino di bisogno in senso biologico (di bere acqua perché si ha sete o di mangiare perché si ha fame), è pur vero che le classi più povere hanno più bisogni legati alle funzioni di base, hanno bisogno di più di quello che desiderano, come lavorare, nutrirsi, salute, educazione.
Desiderio e classi
Le classi medio basse e medio superiori generalmente nutrono desideri a breve termine. Si preoccupano, ad esempio, di cambiare l’auto per sostituirla con una di qualche anno più nuova o con un chilometraggio inferiore; dipingere casa o accendere un mutuo per acquistarne una.
Si tratta di grandi aspirazioni per queste classi sociali, mentre per quelle alte rappresentano obiettivi privi di valore.
Fama, bellezza e denaro: bad destiny
Come visto, la felicità è un concetto decisamente soggettivo: ogni ceto e cultura, ogni famiglia e ogni individuo elaborano il proprio concetto di felicità.
Più elevata è la classe sociale, maggiore importanza viene data al successo, e con esso cresce la banalità. Il potere economico spegne il desiderio e fa perdere le aspirazioni, in quanto non bisogna lottare per ottenere qualcosa.
Oltre a ciò, l’attenzione è rivolta al riconoscimento da parte degli altri, annullando i valori personali. Nei quartieri “eleganti” le persone instaurano una tacita competizione per mostrare la migliore dimora (sì dimora, non casa) o l’auto che ostenta un maggiore potere d’acquisto.
Un buon esempio sono le star di Hollywood che raggiunte fama, bellezza e fortuna, finiscono in clinica a causa di dipendenze o gravi depressioni, patologie sorte dopo essere diventati famosi e milionari. Perché sono milionari, ma non ricchi, ovvero hanno accumulato molti soldi, ma hanno messo da parte il loro mondo affettivo.
Cosa dice la scienza
La ricerca durata di più al mondo (80 anni) sulla felicità è stata condotta dall’Università di Harvard su un campione di 3.000 persone. Si è giunti alla conclusione che i legami affetti genitori-figli, di coppia e tra amici assicurano la vera felicità. Non i soldi.
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Quando ci si concentra sulla fama e sul denaro, l’universo affettivo ne risente. Se si raggiungono picchi di fortuna, fama e bellezza, dove va a finire il desiderio?
Se la mancanza che spinge ad agire è assente, si perde il desiderio e chi perde il desiderio perde un pilastro della sua esistenza e ciò porta alla catastrofe.
La catastrofe è un mondo fatto di dipendenze, come alcol e droghe, depressione e suicidio, che riempiono il vuoto della mancanza. Ed è proprio mancanza, perché queste persone non desiderano: credono che non gli manchi nulla. Ma non è così, poiché non godono di affetti veri, amicizie sincere, amore.
Sono soli nel senso negativo del termine, come sinonimo di abbandono ed emarginazione dai veri affetti. Si sono preoccupati talmente tanto di essere riconosciuti da ottenere un affetto superficiale e interessato.
Essere felici non è impossibile
Libri come Padre ricco, padre povero o The secret, che propongono come scopo principale nella vita quello di diventare milionari, sono diventati best seller perché fondano le loro teorie nella cultura del successo a tutti i costi.
Questi libri puntano all’ideologia popolare dei soldi, del riconoscimento e dello status sociale come sinonimo di felicità. Cercano di indicare azioni volte a produrre e definire l’immaginario collettivo. Non si può negare che i loro autori siano stati coerenti con le loro azioni.
Lo sono ancor di più con ciò che sostengono, dato che questi libri hanno portato ricchezza agli autori per via delle royalties dei milioni di copie vendute. Hanno cambiato la loro vita e sono diventati famosi.
Per intenderci, non c’è nulla di male nella fama in sé. Lo è semmai un suo cattivo uso. A tutti noi piace essere riconosciuti e apprezzati, ma dipendere da ciò o farne un’aspirazione di vita è tutt’altra cosa. È un obiettivo estremamente povero.
Essere felici non è impossibile, è una filosofia di vita, è sapere che esiste un lato positivo nonostante gli imprevisti e che abbiamo persone care a cui dire ti amo, perché anche l’amore è una componente importante della felicità.
Bibliografia
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- VV.AA. Harvard Study of Adult Development. https://www.adultdevelopmentstudy.org