La capecitabina è un farmaco chemioterapico commercializzato con il marchio Xeloda. Questo medicinale antineoplastico, o citotossico, è classificato nel gruppo terapeutico degli agenti alchilanti.
Viene impiegato soprattutto per il trattamento del cancro metastatico al seno e del colon-retto. Queste due neoplasia rappresentano ancora oggi malattie incurabili seppur gestibili. Presentano una sopravvivenza media di 18-24 mesi e 12-18 mesi.
I trattamenti attualmente esistenti mirano a migliorare la qualità della vita e prolungare la sopravvivenza del paziente. L’introduzione della capecitabina ha rappresentato una svolta poiché:
- Consente un trattamento chemioterapico meno invasivo perché viene somministrato per via orale e non per via endovenosa come si fa con la chemioterapia tradizionale. Ciò si traduce anche in maggiore comfort, nonché minori complicazioni e costi.
- Provoca un’attivazione selettiva nel tumore che potenzialmente consente un trattamento localizzato con conseguente miglioramento dell’attività antitumorale e riduzione della tossicità sistemica.
Nel carcinoma metastatico mammario e del colon-retto, è stato testato in monoterapia o in combinazione con altri farmaci chemioterapici. Entrambi i trattamenti si sono dimostrati validi sia in termini di efficacia che di tolleranza.
Panoramica sul cancro al seno
Il cancro al seno è il tumore maligno più comune e la seconda causa di morte correlata per neoplasia nelle donne dell’Europa occidentale e del Nord America.
Sebbene la sua incidenza sia in aumento, il tasso di mortalità è diminuito dal 1990. Ciò è probabilmente dovuto alla diagnosi precoce grazie a screening mammografico e alla maggiore diffusione della terapia adiuvante per via endovenosa.
Tra il 5-8% delle neoplasie mammarie è metastatico al momento della diagnosi. Il carcinoma mammario metastatico presenta manifestazioni cliniche altamente variabili e oggi rappresenta una delle grandi sfide nella pratica clinica oncologica.
Panoramica sul cancro del colon-retto
Anche il cancro del colon-retto è una neoplasia molto comune nei paesi sviluppati. È la terza causa di mortalità in entrambi i sessi. Lo sviluppo della chemioterapia adiuvante, ovvero somministrata dopo l’intervento chirurgico, ha permesso un leggero miglioramento in termini di sopravvivenza del paziente.
Tuttavia, secondo gli studi, circa il 30% dei pazienti svilupperà una malattia metastatica. Il fegato è l’organo più colpito dalle metastasi.
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Come agisce la capecitabina nell’organismo?
La struttura della capecitabina ne consente un rapido assorbimento a livello intestinale. Questo fatto riduce significativamente il rischio di effetti tossici digestivi.
Questo medicinale si trasforma nell’organismo in un altro composto, la fluoridina monofosfato, dall’attività citotossica, ovvero che provoca la morte cellulare.
Una volta assorbita, la capecitabina agisce sulle cellule tumorali più aggressive. Di conseguenza, sortirebbe effetti maggiori nei pazienti con tumori dalla prognosi peggiore.
Principali reazioni avverse della capecitabina
Le reazioni avverse più comuni correlate alla capecitabina da sola o associata ad altri farmaci chemioterapici sono:
- Disturbi gastrointestinali: diarrea, nausea, vomito, dolore addominale e stomatite.
- Fatica
- Sindrome mano-piede o eritrodisestesia palmo-plantare: è la reazione avversa più nota prodotta da questo farmaco. Provoca arrossamento, gonfiore e dolore ai palmi delle mani e/o alle piante dei piedi. A volte compaiono vesciche e talvolta interessa anche altre aree del corpo come ginocchia o gomiti.
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Conclusioni
La capecitabina ha rappresentato una svolta nel trattamento dei tumori metastatici al seno e del colon-retto. Viene somministrata oralmente, il che rende la terapia meno invasiva e gli effetti collaterali meno gravi.
Nonostante gli innegabili sviluppi, gli scienziati sono determinati a individuare un trattamento che riduca ulteriormente il tasso di mortalità da cancro.
Bibliografia
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