Quando una persona ha subito un abuso e la società interviene per proteggerla, a volte si verifica un processo chiamato rivittimizzazione.
Ciò avviene quando la vittima deve sottoporsi a processi e interviste attraverso i quali è costretta a rivivere la sofferenza. Per esempio, i giudici le faranno delle domande, per conoscere i dettagli del trauma che ha subito.
Alcune delle conseguenze più evidenti della rivittimizzazione sono lo stress e l’ansia. In questo senso, si potrebbe sviluppare un doppio stress post-traumatico: in primo luogo verso il trauma originario; in secondo luogo, verso i processi giudiziari a cui hanno dovuto sottoporsi.
La vulnerabilità verso il ricordo delle esperienze negative è una risposta naturale. Tuttavia, alcuni individui riescono ad affrontare un trauma meglio di altri, per cui hanno meno probabilità di soffrire di rivittimizzazione.
Quando avviene la rivittimizzazione?
Questa situazione può verificarsi in vari contesti: i processi in tribunale sono uno dei più frequenti. Per esempio, quando una vittima di abuso deve testimoniare in tribunale e le vengono poste domande difficili che le faranno rivivere eventi spiacevoli, siamo in presenza di rivittimizzazione.
Sulla base dell’esempio precedente, possiamo comprendere che la rivittimizzazione si verifica quando i funzionari di un’istituzione pubblica o privata rendono di dominio pubblico l’esperienza di una persona che è stata vittima di un trauma o la spingono a rivivere i momenti critici dell’esperienza traumatica durante alcuni interrogatori.
Tuttavia, può anche accadere che la famiglia o gli amici della vittima facciano commenti offensivi. In definitiva, ciò che fa sì che una persona sia vittima due volte di una situazione negativa è la mancanza di empatia nei suoi confronti.
I social network sono un terreno minato per la persona vittima di abusi. È il caso delle notizie virali: quando la notizia che una persona è stata violentata o uccisa inizia a circolare sui social network, la vittima o i suoi familiari soffrono intensamente a causa dei commenti pubblicati in rete.
Possibili conseguenze psicologiche della rivittimizzazione
Le conseguenze psicologiche della rivittimizzazione generano livelli di vulnerabilità piuttosto elevati nelle persone colpite. Si verifica, quindi, un aumento dell’intensità dei sintomi iniziali e possono emergere nuovi comportamenti disadattivi.
Nella maggior parte dei casi, le persone che hanno subito degli abusi o hanno vissuto un’esperienza traumatica sviluppano dei comportamenti da stress post-traumatico. Ad esempio, provano una paura irrazionale nelle situazioni che ricordano loro il trauma.
Come abbiamo visto, lo stress post-traumatico nei soggetti che sono stati esposti alla rivittimizzazione è spesso legato all’azione delle istituzioni. Ad esempio, la persona teme i procedimenti giudiziari perché è stata presa di mira attraverso delle domande che le hanno fatto rivivere il trauma originale.
Oltre allo stress post-traumatico, la rivittimizzazione fa perdere fiducia nei confronti delle istituzioni e spinge le persone a pensare di non poter ricevere aiuto. Le vittime non si rivolgono più alle istituzioni perché pensano che vanno contro di loro.
Quali misure possono essere prese per evitare la rivittimizzazione?
Le istituzioni possono certamente adottare un approccio più umano quando si tratta delle vittime di eventi traumatici.
In questo ordine di idee, è necessario creare consapevolezza nei funzionari incaricati di condurre le interviste e gli interrogatori con le persone vulnerabili. Altre misure da prendere in considerazione possono essere:
- Offrire un adeguato supporto psicologico. Sarebbe utile per le vittime avere l’opportunità di vedere un professionista della salute mentale prima di discutere delle loro esperienze traumatiche con altre persone.
- Evitare di avviare il dialogo con domande relative al trauma. È meglio non avvicinarsi direttamente ad una persona trattando subito gli argomenti “scomodi”. Prima sarà necessario instaurare un certo grado di fiducia.
- Praticare l’ascolto attivo. Un aspetto indispensabile dell’empatia è saper ascoltare quando ci parlano. L’ideale è lasciare che l’altra persona abbia la libertà di raccontarci la sua situazione senza fargli pressioni, con il suo ritmo e prendendosi le pause di cui ha bisogno per poter convalidare le sue emozioni.
- Mettersi nei panni dell’altro. Essere empatici significa avere la capacità di mettersi nella situazione dell’altro per capire il suo dolore. A questo proposito, è bene evitare di giudicare e non sminuire le emozioni degli altri.
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Alcune persone sono immuni?
Ci sono dei soggetti la cui personalità li rende meno inclini alla rivittimizzazione. In questo senso, la resilienza gioca un ruolo determinante quando qualcuno può essere influenzato dai commenti di altre persone.
Quando una persona è resiliente, ha la capacità di superare le avversità e ottenere un apprendimento significativo. Cioè, in futuro sarà in grado di affrontare una situazione avversa in modo meno traumatico. In questo senso, le persone più resilienti di solito non hanno problemi a parlare degli argomenti che li rendono potenzialmente vulnerabili.
Ciò non significa che i soggetti con un indice di resilienza più elevato siano immuni dall’essere affetti da ricordi di un trauma. Tuttavia, sono in grado di affrontare meglio le situazioni avverse. Per esempio, le persone resilienti non hanno problemi quando vengono intervistate in merito alle loro esperienze traumatiche.
Bibliografia
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