La dissezione coronarica spontanea è una rara malattia che richiede attenzione sanitaria d’emergenza. Il primo caso è stato diagnosticato nel 1931 e da allora sono stati registrati più di 300 casi in tutto il mondo. La maggior parte è stata diagnosticata solo in fase di autopsia, a seguito di morte improvvisa.
Questa patologia colpisce soprattutto il sesso femminile: si stima che fino all’80% delle persone colpite siano donne, soprattutto in gravidanza, anche se quest’ultimo aspetto è ancora oggetto di discussione.
La fascia di età più a rischio è compresa tra i 40 e i 60 anni, sebbene possa verificarsi a qualunque età. Uno degli aspetti più sconcertanti è che la persona è apparentemente sana, non presenta, di fatto, fattori di rischio cardiovascolare.
Caratteristiche generali
La dissezione coronarica spontanea è stata rilevata in pazienti di età compresa tra i 18 e gli 84 anni. Secondo alcuni studi, questa condizione corrisponde all’1-4% del totale delle sindromi coronariche acute (percentuale che sale al 35% nelle donne al di sotto dei 50 anni).
Fino a poco tempo fa la gravidanza era ritenuta fattore di rischio determinante. Negli ultimi anni, tuttavia, sono aumentati i casi di donne che non erano in stato interessante. L’arteria discendente è la più colpita e la dissezione di arterie multiple si verifica nel 20% dei casi.
Dissezione coronarica spontanea: in che cosa consiste?
La dissezione coronarica spontanea si verifica in presenza di una lacerazione dei vasi sanguigni del cuore. Ciò limita o impedisce l’afflusso di sangue verso il cuore, causando anomalie nel ritmo cardiaco, infarto o morte improvvisa.
Si tratta di una condizione che richiede attenzione medica urgente. Se non diagnosticata o trattata subito, porta inevitabilmente alla morte. Fino al 70% dei casi viene diagnosticato solo durante l’autopsia.
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Sebbene non siano ancora disponibili informazioni sufficienti, sono stati individuati numerosi fattori di rischio.
- Appartenenza al sesso femminile.
- Gravidanza e parto: è più frequente nel primo trimestre di gravidanza o dopo il parto.
- Malattie dei vasi sanguigni non diagnosticate, in particolare la displasia fibromuscolare.
- Attività fisica eccessiva.
- Stress.
- Fattori ereditari, soprattutto la sindrome di Ehlers-Danlos di tipo vascolare e la sindrome di Marfan.
- Ipertensione.
- Uso di cocaina o droghe simili.
Cause e sintomi
Non esiste ancora una chiara spiegazione del perché si verifichi una dissezione coronarica spontanea. Alcuni autori pensano che sia associata a variazioni ormonali, in grado di alterare proteine e mucopolisaccaridi a livello delle arterie sistemiche. Questo porterebbe a una degenerazione delle fibre di collagene.
Altri esperti, invece, indicano come causa principale un processo infiammatorio che provoca infiltrati eosinofili nelle pareti delle arterie. Un’altra ipotesi è che si verifichi prima un danno meccanico alle pareti arteriose, seguito dal processo infiammatorio.
È nota l’esistenza di fattori che favoriscono la dissezione coronarica spontanea, come il trauma toracico, l’arteriosclerosi, l’uso di contraccettivi orali e malattie associate come la poliarterite nodosa e il lupus. I sintomi sono gli stessi dell’infarto.
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Diagnosi e prognosi della dissezione coronarica spontanea
La diagnosi è clinica e ricorre a esami simili a quelli impiegati per l’infarto. Questi includono, tra gli altri, l’angiografia coronarica, l’ecografia intravascolare, la tomografia a coerenza ottica e l’angiografia con tomografia computerizzata.
Una volta controllata la fase acuta, la prognosi è in genere favorevole. Il tasso di sopravvivenza per i cinque anni successivi è del 95%. Tuttavia, fino a un terzo dei pazienti presenta una recidiva nei successivi dieci anni.
In genere nelle recidive l’anomalia interessa un punto diverso da quello iniziale. Stime recenti indicano che nei casi ricorrenti la mortalità è del 7,7%.
Bibliografia
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- Berenguer, A., Mainar, V., Bordes, P., Valencia, J., & Arrarte, V. (2003). Disección espontánea de arterias coronarias como causa infrecuente de síndromes coronarios agudos. Revista española de cardiología, 56(10), 1017-1021.