Dicembre è un mese cruciale. In esso vengono riassunte tutte le attività dell’anno e si concentra tutta la stanchezza accumulata, frutto del ritmo ipercinetico al quale ci sottoponiamo.
Per sostenere questi assalti sferrati dalle circostanze e affrontare le nostre responsabilità, attiviamo regolarmente il nostro asse endocrino e immettiamo nel nostro flusso sanguigno una dose extra di cortisolo.
Quando arriva dicembre, con la fine dell’anno e il preludio delle vacanze festive in Europa e di quelle estive in altri paesi del mondo, nel nostro corpo percepiamo le vecchie contratture delle quali non ci siamo presi cura, i vizi posturali e alcuni sintomi di stress, come una certa intolleranza, suscettibilità, irritazione o malumore.
Parallelamente a questi sintomi fisici e comportamentali, compare la necessità imperiosa di concludere immediatamente un qualche progetto che avevamo rimandato o che abbiamo messo da una parte per dare priorità ad altri. Per non parlare, poi, di quelli che abbiamo posticipato per qualche ragione superficiale o perché ce ne siamo dimenticati…
Tutto questo panorama è contrassegnato dall’ansia, alla quale si aggiungono il senso di colpa e l’angoscia conseguente, per ciò che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto. Insomma, dicembre è un mese pieno di ansia.
E così, spinti dalla triade colpa-ansia-angoscia, ci lasciamo travolgere da una serie di pensieri negativi che si riproducono come batteri in un brodo di rimproveri: “Avrei dovuto farlo”, “Avrei potuto iniziarlo…”, “Che cosa penseranno di me, che non ho fatto il mio dovere!”, “Non sono abbastanza bravo per riuscirci”, “Non ho le capacità per farlo…”.
Questi pensieri danneggiano fortemente la nostra autostima, perché ci spingono ad auto-screditarci progressivamente. Se non ci fermiamo, possiamo arrivare a ridurre noi stessi alla stregua di poveri vigliacchi, brutti e tristi anatroccoli o cenerentole tiranneggiate dalle proprie sorellastre.
I catastrofici conti in sospeso di dicembre
Nel caso in cui, nel corso dell’anno, abbiamo abusato di idrati di carbonio e lipidi, non c’è nemmeno bisogno di parlare quando ci guardiamo allo specchio. Le cioccolate invernali, le cene abbondanti, i bicchieri di vino in più, i gelati alla crema ci tornano tutti in mente nei momenti meno opportuni, soprattutto quando usciamo dalla doccia.
A volte, preghiamo che lo specchio sia abbastanza appannato da non consentirci di vederci. Altre volte, invece, l’asciugamano fa del proprio meglio per nascondere la cellulite dei fianchi o l’addome prominente. Ci siamo persino dimenticati di andare dal medico, perché non abbiamo trovato il tempo.
Uff… E la psicoterapia? Durante l’anno, la negazione ha prodotto i frutti sperati: abbiamo nascosto i nostri problemi tenendoci occupati, cercando piccole distrazioni e regalandoci gratificazioni momentanee, risposte razionalizzanti o giustificatrici che abbiamo stirato oltre ogni limite una volta dopo l’altra per trovare una soluzione ai conflitti che ci affliggevano.
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Nell’elenco delle cose che sono rimaste in sospeso, c’è la chiacchierata con quell’amico al quale non abbiamo avuto il coraggio di dire che cosa ci ha dato fastidio, per paura di rovinare il legame affettivo. Oppure la conversazione con quella sorella alla quale avremmo voluto esprimere molte delle cose che sentivamo, ma che non siamo mai riusciti a chiarire, per timore della sua reazione. Un gran numero di dialoghi che abbiamo ripetuto mentalmente e che non sono mai diventati realtà.
Dicembre è il mese di debiti personali. Progetti incompiuti, compiti lasciati a metà senza essere portati a termine, conflitti irrisolti, rinvii di analisi cliniche, passeggiate, corse, lezioni di ginnastica saltate… Così, finiamo per trasformarci in persone che si lamentano, pronte a criticare, il cui bilancio annuale presenta sempre risultati negativi.
Per molti, dicembre è il mese dell’ansia e dei debiti personali.
Il paradosso di una forza nascosta
Eccoci qui, risorti dalle ceneri o dallo sterco più profondo, nel tentativo di recuperare il tempo perduto. Cerchiamo di riassumere in un mese ciò che non abbiamo fatto negli undici precedenti. Provando, riprovando e poi provando ancora.
Per questa ragione riempiamo la nostra povera agenda di attività non concluse, nell’affanno di volerle realizzare tutte. Sì, tutte. Ed è così che entriamo nel mondo dicembrino, nella convinzione che il 31 dicembre finisca tutto. Come quella credenza secondo la quale la cometa di Halley sarebbe entrata in collisione con la Terra, facendola esplodere in milioni di frammenti.
La prova della validità di questa tacita ipotesi viene espressa attraverso il linguaggio nella nostra tipica frase per eccellenza di questo periodo: “Cerchiamo di vederci prima della fine dell’anno!”. E il cui sottotitolo recita: “Vediamoci perché poi cesseremo di esistere. Non ci sarà nessun 2021”.
Così, inseriamo in agenda appuntamenti con gastroenterologi, colonscopie, analisi ginecologiche con speculum incluso, analisi cliniche… E usciamo di casa a digiuno con il barattolino della prima urina del mattino. Prendiamo appuntamento con lo psicologo e al primo incontro vomitiamo una carica soffocata di emozioni represse non digerite. E lui dice che è questione di tempo, e che è solo uno psicologo, non il mago David Copperfield.
Le palestre si riempiono di nuovi iscritti e, nei paesi in cui arriva l’estate, i corpi vengono esibiti un po’ di più. Il proposito di correre, fare gli esercizi con gli attrezzi o la cyclette… Tutto acquisisce protagonismo, nel tentativo di aumentare la muscolatura ed essere in piena forma in quei 31 giorni di dicembre.
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Attenzione, però. Questa formula non serve per ridurre l’ansia. Al contrario, non fa che incrementarla, perché nasce dalla triade ansia-angoscia-colpa, e le attività proposte non fanno che stimolare e alimentare ancor più questo terzetto.
Inoltre, a questo scenario bisogna aggiungere le feste e la difficile domanda: “Con chi le trascorriamo?”. Una questione che pone sul podio le disfunzioni familiari, i rinvii di conversazioni chiarificatrici che dovrebbero risolvere problemi intra o interfamiliari.
“Mi piacerebbe trascorrere le feste con lo zio Gustavo, ma ha litigato con mio suocero per una questione di soldi”. “La zia Erminia viene da sola, ma ormai ha una certa età. Chi va a prenderla?”. “Le mie sorelle nemmeno si parlano tra loro. Con quale di loro trascorriamo il 24?”.
Si tratta di una pianificazione strategica che dimostra la grande agilità necessaria per uscire vincitori dalle feste e che invita alla seguente riflessione:
Se dicevamo che con la famiglia stavamo così bene… Le feste di fine anno ci portano a domandarci: “Stavamo poi così bene?”.
Non tutto è perduto
In fin dei conti, è tutta un’illusione. Il mondo continua a girare. Le date non sono che punti di riferimento socioculturali intorno ai quali organizziamo le nostre vite.
Tranquillizzatevi. Nel 1910, la cometa di Halley seminò il panico perché si riteneva che si sarebbe scontrata con la Terra. Non accadde nulla del genere. Il suo passaggio viene avvistato dal 374 d.C. ogni 70 anni. Proprio come gli spinaci di Braccio di Ferro, per i quali, a causa di un errore della pubblicità (nella quale venne aggiunto uno zero di troppo nella quantità di ferro), non sarà mai possibile smentire la convinzione secondo la quale gli spinaci contengono più ferro di una cipolla.
La fine dell’anno è il rito della fine di una fase e l’inizio di un’altra. E i riti sono troppo importanti, per rovinarli con ansie, angosce e sensi di colpa.
Ci troveremo sempre a fare un bilancio, ma dobbiamo essere indulgenti con noi stessi, nella valutazione dei risultati. Abbiamo fatto ciò che abbiamo potuto, per sopravvivere in un ambiente così disordinato e ad alta entropia come quello nel quale ci troviamo.
Ci sono sempre imprevisti, sfide e attività che ci piacciono di più, e altri che ci piacciono meno. Il punto è che dobbiamo valorizzare noi stessi e la nostra vita, riconoscere ciò che abbiamo fatto di buono e correggere i rinvii e gli sbagli in vista del prossimo ciclo.
Ciò che viviamo è il risultato delle nostre azioni, emozioni e riflessioni. In questo modo costruiamo la realtà. La fatica deriva dal fatto che poi lo esprimiamo a parole e diciamo: “Questa è la vita che ci tocca vivere”.
Vi proponiamo di cambiare la frase e assumervi le vostre responsabilità: “Questa è la vita che ho costruito”. Essere sempre felici sarà il nostro obiettivo.
Infine, approfittiamo dell’occasione per augurarvi di vivere un 2021 ricco di felicità e di trovare nel vostro cassetto di risorse personali la forza, la passione e il rispetto per la vita di cui avete bisogno.
Bibliografia
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