L’atrofia vulvovaginale è una delle conseguenze, per quanto meno note, della menopausa. Sebbene poco conosciuta rispetto alle vampate o gli sbalzi di umore, riduce la qualità della vita della donna.
L’aspettativa di vita negli ultimi anni è aumentata notevolmente e con essa anche gli anni di menopausa della donna. La riduzione degli estrogeni tipica di questa fase è responsabile di diverse patologie. Si calcola che dopo 5 anni dall’inizio della menopausa circa un terzo delle donne soffra di una forma di atrofia vulvovaginale.
La funzione degli estrogeni nelle donne
Gli estrogeni sono ormoni sessuali steroidei prettamente femminili, e vengono prodotti dalle ovaie e dalle ghiandole surrenali. Sono responsabili dello sviluppo dei caratteri sessuali femminili secondari. Tra questi troviamo:
- Allargamento dei fianchi.
- Crescita e sviluppo delle mammelle.
- Regolazione delle mestruazioni, grazie al lavoro congiunto con altri ormoni.
La pubertà e la maturità sessuale hanno inizio quando aumenta la produzione di estrogeni. In seguito a ciò, viene stimolata la maturazione dell’utero, della vagina, dell’endometrio e delle tube di Falloppio.
I livelli di questi ormoni si mantengono più o meno stabili fino alla menopausa, periodo in cui si verifica un drastico calo. Oltre allo sviluppo dei caratteri secondari femminili, gli estrogeni hanno anche altre funzioni, come:
- Migliorare l’aspetto della pelle, poiché giocano un ruolo importante nella produzione di collagene e nei processi di rigenerazione della pelle.
- Rinforzano il funzionamento del sistema cardiovascolare: partecipano al metabolismo dei grassi e attivano la produzione di HDL.
- Rinforzano lo scheletro: gli estrogeni prevengono la perdita di calcio e assicurano la corretta mineralizzazione, per cui evitano l’indebolimento delle ossa.
- Proteggono le vie urinarie.
- Agiscono positivamente sul cervello: favoriscono l’afflusso si sangue e la presenza di glucosio nel cervello.
- Stimolano il desiderio sessuale.
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Quali sono i sintomi dell’atrofia vulvovaginale?
I sintomi dell’atrofia vulvovaginale hanno forti ripercussioni emotive che riducono la qualità di vita della donna. A differenza di altri sintomi della menopausa, l’atrofia vulvovaginale persiste a lungo e può peggiorare in assenza di un trattamento adeguato.
Il crollo dei livelli di estrogeni (ovvero degli ormoni femminili) in menopausa compromette la salute della vagina. Si verificano cambiamenti nel pH tali da favorire la proliferazione di infezioni, sia nella zona vaginale sia nelle vie urinarie.
Si riduce la rete di vasi sanguigni che nutrono la mucosa vaginale, quindi la lubrificazione. Questa mancanza di lubrificazione spiega le frequenti irritazioni, la secchezza e la despareunia (dolore durante i rapporti sessuali).
Infine, la mucosa vaginale si assottiglia e si sfalda, aumentando i rischi di lesioni in presenza di traumi lievi come la collocazione dello speculo durante la visita o il coito.
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Terapie indicate
Sono diversi i trattamenti altamente efficaci per frenare, calmare o persino migliorare i sintomi associati all’atrofia vulvovaginale.
Innanzitutto, esistono creme apposite per l’area vaginale. Queste, unite ai lubrificanti da applicare durante i rapporti sessuali, rappresentano trattamenti di prima linea per le pazienti con sintomi da lievi a moderati. Questi preparati calmano la secchezza vaginale e ripristinano il pH; le alterazioni a carico della mucosa, tuttavia, non regrediscono.
Ci sono poi le terapie ormonali, considerate ottimali per le donne che presentano un quadro clinico da moderato a grave. Combattono i cambiamenti causati dal deficit ormonale in menopausa. La somministrazione può essere sistemica, orale o vaginale. I bassi dosaggi di estrogeni somministrati localmente sono il trattamento ormonale di prima linea.
Infine, cambiare le abitudini di vita e sottoporsi a un trattamento non ormonale sono due opzioni per trattare i sintomi dell’atrofia vulvovaginale, soprattutto nelle donne con sintomi da minimi a lievi. Ovviamente questo vale anche per le donne che non vogliono o non possono sottoporsi alla somministrazione di estrogeni.
Bibliografia
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