“Sono più di un bel faccino”… è una frase che potrebbe essere stampata su una T-shirt. Tuttavia, se si scompone un po’ la questione, si può individuare una dicotomia: bellezza e corpo contro intelligenza o altre qualità, come se si trattasse di termini che si escludono a vicenda.
Come se il corpo fosse la totalità di una persona o se ci fosse un valore aggiuntivo da dimostrare, al di là del corpo stesso. Come se fosse questo il valore di una persona.
La teoria dell’oggettivazione si occupa di questo; rende conto dei processi coinvolti nell’oggettivazione delle persone, nella loro riduzione a “una singola parte” e delle conseguenze che ne derivano. Vediamo di cosa si tratta esattamente.
Che cos’è la teoria dell’oggettivazione?
La teoria dell’oggettivazione pone l’accento sui processi attraverso i quali le persone vengono trattate come oggetti. L’effetto è che ciò che viene enfatizzato, la “cosa o oggetto”, ha la precedenza sulla persona nel suo insieme.
Sebbene sia applicabile a casi diversi, dalla critica al capitalismo ai capi che trasformano i dipendenti in oggetti (mezzi per un fine), è un dato di fatto che è più presente in relazione alle donne e ai loro corpi. In altre parole, l’oggettivazione del corpo delle donne e delle ragazze.
D’altra parte, uno dei suoi maggiori svantaggi risiede nell’effetto causato da questo sguardo o da questa valutazione oggettuale: l’interiorizzazione della visione di sé come oggetto.
Ad esempio, applicato al corpo delle donne, ciò si traduce nel fatto che queste presteranno attenzione al proprio corpo e nel pensare a se stesse come più o meno valide, a seconda di esso. In questo modo, il resto delle qualità personali perde importanza.
Storia della teoria dell’oggettivazione
Nella storia dello sviluppo della teoria dell’oggettivazione, possiamo citare diversi contributi. Uno di questi proviene da professionisti della psicologia e della sociologia, come William James o Charles Cooley, che hanno studiato il concetto di sé speculare.
Questa teoria sostiene che ciò che gli altri vedono in noi ha un effetto su ciò che pensiamo di noi stessi, cioè sulla nostra auto-percezione.
Questo impatto avviene in tre modi; attraverso l’idea che abbiamo di come ci vedono, in base al giudizio che ne diamo (positivo, negativo) e dall’emozione che questo provoca in noi.
Ci sono persino studi che sottolineano come, incorporando la visione dell’auto-oggettivazione, le donne possano perdere interesse per altre questioni che non sono legate al corpo o allo sviluppo di altre capacità.
Si possono citare anche i contributi di Fredrickson e Roberts del 1997, in cui si discute il ruolo del genere nella socializzazione differenziata di uomini e donne. Agisce attribuendo alle donne il valore del loro corpo e, al contrario, agli uomini il potere di disporne.
Quindi, è opportuno ricordare che l’oggettivazione ha un genere molto marcato: la donna. Non si esprime allo stesso modo nel caso degli uomini, poiché in generale sono le donne a essere oggettivate, soprattutto nelle questioni che riguardano il corpo.
Ciò ha un impatto non solo a livello sociale e culturale (il posto e il significato attribuito alle donne), ma anche – e notevolmente – a livello psicologico.
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Quali sono le conseguenze?
Viviamo in una società che stabilisce standard su ciò che è desiderabile e ciò che non lo è, e questo si traduce in determinati requisiti del corpo. Ci troviamo quindi di fronte a prescrizioni imponenti sul corpo “perfetto”, che si ripercuotono sul benessere delle donne e delle ragazze.
Non è un caso che la più alta prevalenza di disturbi del comportamento alimentare si verifichi nel genere femminile e fin dalla tenera età.
In molti casi il “culto del corpo” diventa un’ossessione che si esprime in cure esasperate e infiniti interventi di chirurgia estetica. Nella “eterna giovinezza” che vogliamo imprimere sul nostro corpo.
Questo può portare a una bassa percezione di sé, con sentimenti di vergogna, ansia e insicurezza se non si rientra in questo tipo ideale.
D’altra parte, anche l’ipersessualizzazione dei corpi è un sintomo della loro oggettivazione. Tra le conseguenze in campo sociale troviamo, a livello più visibile e violento, la tratta sessuale delle donne (il corpo come merce), sostenuta da una struttura patriarcale di dominio maschile.
Ma esistono anche modi più sottili; l’ingresso gratuito delle donne in una discoteca come “esca” per fare entrare più uomini. Sono “il prodotto”.
La reificazione può avvenire in tutti i tipi di relazioni. In altre parole, non si tratta solo di molestie di strada, ma possono verificarsi anche nelle relazioni strette.
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Cosa c’è da ricordare?
Prima di tutto, deve essere chiara una cosa: l’oggettivazione o “cosificazione” di donne e ragazze è una forma di violenza estetica; disumanizza l’essere umano, lo “frammenta” e lo trasforma in oggetto.
È necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sugli stereotipi di genere per eliminarli, poiché danno maggior valore al corpo femminile e alla sua bellezza, invece di promuovere altre qualità come l’intelligenza.
D’altra parte, e viste le conseguenze sull’autostima delle donne, è importante smantellare tali convinzioni interiorizzate, che le portano a percepirsi come importanti solo finché hanno un corpo da offrire.
Occorre imparare a riconoscere tutte le altre qualità che una persona ha, oltre a “un bel faccino”. Un essere umano non può essere riducibile solo al suo corpo.
Bibliografia
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