L’indice glicemico è un valore stabilito per classificare gli alimenti in base all’effetto che producono sulla glicemia. In altre parole, per misurare in che modo un determinato alimento influisce sugli zuccheri presenti nel sangue.
Una volta che l’alimento è stato ingerito e assorbito dall’intestino, i valori degli zuccheri nel sangue sono destinati a variare. Questa variazione dipende dalle proprietà nutrizionali dell’alimento ingerito. La glicemia di una persona che ha mangiato delle caramelle sarà diversa da quella di una che ha mangiato un piatto di pasta.
Lo scopo dell’indice glicemico, quindi, è quello di riflettere la capacità degli alimenti di aumentare la quantità di zucchero presente nel sangue. Non è un numero immediatamente comprensibile, bensì una formula matematica creata specificamente a questo scopo.
Prendendo in considerazione l’indice glicemico, possiamo parlare di due gruppi di alimenti (vedremo poi che la classificazione ufficiale li suddivide in tre):
- Alimenti a basso indice glicemico: non provocano un sensibile aumento della glicemia subito dopo la loro ingestione. Oltre a ciò, l’aumento da essi prodotto perdura nel tempo con maggiore persistenza.
- Alimenti ad alto indice glicemico: questi alimenti aumentano subito i livelli di glicemia all’interno dell’organismo, ma il loro effetto è di breve durata.
La formula è stata creata nel 1981. Nel 1995 sono state realizzate delle tabelle complete, contenenti più di 500 alimenti catalogati in base al loro indice glicemico. Dal 2002 esiste la tabella internazionale, proposta dal ricercatore Foster e la sua équipe, che possiamo considerare la più diffusa, al giorno d’oggi.
Quali fattori influiscono sull’indice glicemico?
L’indice glicemico non equivale alla quantità di idrati di carbonio contenuti nell’alimento. Una cosa è l’effetto provocato sulla glicemia, un’altra è la sua composizione naturale. Questa confusione potrebbe risultare controproducente. Il valore glicemico di un alimento dipende da tre fattori:
1. Il tipo di zucchero semplice presente
Come dicevamo, la composizione nutrizionale non equivale direttamente all’effetto esercitato sulla glicemia. La patata, per esempio, contiene un tipo di zucchero semplice che è diverso da quello del latte.
Il corpo, pertanto, reagirà in maniera diversa all’ingestione di questi due alimenti e li elaborerà in tempi diversi.
2. La presenza di altri nutrienti
Gli zuccheri non sono isolati all’interno degli alimenti, ma si trovano legati ad altre sostanze, come i grassi. Lo zucchero della frutta secca, per esempio, è combinato a grassi e fibre dietetiche: di conseguenza il corpo ha bisogno di più tempo per separare questo zucchero per poi elaborarlo.
3. Elaborazione dell’alimento
Gli alimenti cotti, bolliti o fritti non producono lo stesso effetto sulla glicemia. Anche l’esposizione al freddo del frigorifero o del congelatore varia il loro effetto finale. Sappiamo che le patate sotto forma di purè presentano un indice glicemico superiore a quello delle patate fritte.
Anche il succo di frutta possiede un indice glicemico superiore a quello dello stesso frutto intero. La pasta cotta al dente presenta un indice più basso di quella che è stata sottoposta a una cottura più lunga.
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Quali valori vengono impiegati?
I numeri che definiscono tale valore provengono da test di laboratorio e formule. Per il nostro uso quotidiano, non è necessario capire come vengono realizzati i calcoli o come è stata elaborata questa formula.
Possiamo però affermare che si tratta di una misura proporzionale della velocità alla quale gli idrati di carbonio degli alimenti si manifestano sotto forma di zucchero nel sangue. È proporzionale perché il valore di riferimento è sempre quello del glucosio puro.
Al glucosio puro viene assegnato il valore di 100. In base a questo, vengono stabiliti gli indici degli altri alimenti, dando vita a tre gruppi generali:
- Basso: alimenti che presentano un valore compreso tra 1 e 55.
- Medio: valori degli alimenti compresi tra 56 e 69.
- Alto: tutti gli alimenti che presentano un valore superiore a 70.
Più è alto questo numero, più velocemente aumenta la glicemia in seguito all’ingestione dell’alimento. Al contrario, un indice glicemico basso appartiene agli alimenti che non provocano un sostanziale aumento della glicemia dopo che sono stati ingeriti.
Sottolineiamo di nuovo che questo valore non riflette la composizione nutrizionale degli alimenti. Non ci offre quindi alcuna informazione sui grassi contenuti negli alimenti né sulle loro chilocalorie, tanto meno sulla specifica quantità di zucchero.
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Come influisce l’indice glicemico sulla vita quotidiana?
Come abbiamo anticipato, il valore di cui stiamo parlando non è l’unico al quale dobbiamo fare attenzione. Può aiutarci a preparare una dieta per persone diabetiche, ma sempre in combinazione con altri fattori.
Per esempio, una barretta di cereali confezionata presenta un indice glicemico alto, ma al tempo stesso una bassa carica glicemica, per via della piccola porzione.
Nelle diete preparate dai professionisti, gli alimenti sono vari, motivo per cui l’indice glicemico deriva dalla loro combinazione. Un alimento con un valore alto può essere compensato dalla presenza nello stesso piatto di un altro che presenta invece un indice basso.
D’altra parte, nel corso di una giornata i pasti sono più di uno, di conseguenza gli indici glicemici si combinano tra loro. Sappiamo che un pasto con un basso valore è in grado di migliorare l’assimilazione del glucosio del pasto successivo attraverso un effetto cumulativo.
Naturalmente, in presenza di malattie del metabolismo come il diabete, è assolutamente necessario che la dieta venga elaborata da un nutrizionista. Consultare questi professionisti può chiarire dubbi sulle abitudini alimentari.
Bibliografia
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