La dieta AIP, nota anche come dieta del protocollo autoimmune, è un regime alimentare che ha destato grande interesse negli ultimi anni. Il principio su cui si basa è quello di scartare determinati alimenti per alcune settimane e osservare quali cambiamenti avvengono nella salute.
Come indicato nell’articolo pubblicato sulla rivista Infiammatory Bowel Diseases, lo scopo è controllare gli stati infiammatori, il dolore e altri sintomi delle malattie autoimmuni. Tra queste troviamo, per esempio, la malattia infiammatoria intestinale e la celiachia. Vediamo quali sono i principi su cui si basa questa dieta.
Dieta AIP, come funziona?
È una dieta di eliminazione. Questo significa che prevede l’esclusione di alcuni gruppi alimentari per osservare nelle settimane successive gli effetti sulla salute. È utile soprattutto in presenza di malattie autoimmuni come la psoriasi, l’artrite reumatoide, il lupus e le malattie infiammatorie intestinali.
Queste patologie presentano un’ampia gamma di sintomi: dolore articolare, stanchezza, dolore addominale, diarrea, danni neurologici e stato confusionale. Sebbene siano di natura multifattoriale e dipendano da fattori genetici e ambientali, una delle ipotesi le associa a un danno a carico della mucosa gastrica. A sua volta, tale danno è legato al consumo di alcuni alimenti.
La dieta AIP, dunque, propone di eliminare e sostituire questi elementi con alternative nutrienti che possano aiutare a riparare l’intestino e promuovere un buon equilibrio del microbiota. Oltre a ciò, suggerisce di eliminare prodotti a base di glutine o lattosio poiché spesso causa di una risposta immunitaria anomala nelle persone predisposte.
Fasi della dieta AIP
Il protocollo autoimmune (AIP) ha alcuni punti in comune con la popolare dieta paleo. Alcuni esperti, di fatto, lo considerano una sua estensione. In ogni caso, la variante AIP è un po’ più rigida e consa di due fasi principali.
Fase di eliminazione
Nella prima fase si eliminano cibi e farmaci che potrebbero essere legati all’infiammazione intestinale o agli squilibri del microbiota. Vengono valutati soprattutto prodotti e alimenti che notoriamente causano allergia o reazioni indesiderate. Per esempio:
- Cereali.
- Legumi.
- Frutta secca.
- Semi.
- Solanacee.
- Uova.
- Latticini.
- Oli vegetali.
- Additivi.
- Zuccheri raffinati.
- Caffè.
- Alcol.
- Tabacco.
- Alimenti processati.
- Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come ibuprofene, naprossene, diclofenac e aspirina ad alto dosaggio.
Viene incoraggiato il consumo di prodotti freschi e nutrienti, senza trascurare cibi fermentati o a contenuto probiotico. Allo stesso modo, si promuove il miglioramento dello stile di vita attraverso tecniche di rilassamento, attività fisica e una migliore qualità del sonno.
La durata di questa fase può essere estesa finché non si nota un miglioramento dei sintomi. Questo spesso può richiedere dai 30 ai 90 giorni, in alcuni casi è visibile già dopo la terza settimana.
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Fase di reintroduzione
Non appena si percepisce un miglioramento dei sintomi della malattia autoimmune, inizia la fase di reintroduzione che consiste nell’inserire in modo graduale gli alimenti scartati, uno alla volta in base al livello di tolleranza personale.
Lo scopo è riconoscere gli alimenti che scatenano i sintomi. Al tempo stesso, vengono reintrodotti gli alimenti neutri (che non provocano nessun sintomo) per garantire una dieta più varia e completa.
Ogni alimento viene reintrodotto in modo graduale, in un intervallo compreso tra i 5 e i 7 giorni. Questo lasso di tempo è sufficiente per determinare se il sintomo è legato all’alimento. Ciò che viene tollerato bene potrà essere consumato, il resto deve essere lasciato fuori.
Passaggi da seguire nel reinserimento degli alimenti
Nel reinserire gli alimenti, occorre seguire alcuni passaggi. Allo stesso modo, bisogna scegliere il momento adatto, evitando le circostanze che sono di per sé causa di infiammazione. Per esempio, dopo una notte insonne o se si vive un momento di stress sarà il caso di posticipare il reinserimento.
Se possibile, l’ideale sarebbe introdurre alimenti che abbiano una minore concentrazione della sostanza sospetta. Nel caso dei latticini, per esempio, si consiglia di iniziare con i prodotti fermentati come lo yogurt. I passaggi sono i seguenti:
- Individuate l’alimento da reintrodurre. Quindi, consumatelo più volte nella giornata che avete scelto per eseguire la prova. In seguito, andrà di nuovo evitato del tutto per 5-6 giorni.
- Mangiate una piccola quantità di prodotto e aspettate circa 15 minuti per verificare eventuali reazioni.
- Se si sviluppa qualche sintomo, la prova termina e l’alimento deve essere scartato. In alternativa, viene eseguito un test più ampio per cui si continuerà a osservare gli effetti per altre 2-3 ore.
- Se non si sviluppano sintomi, potete consumare una porzione normale dello stesso alimento. Lo scarterete nuovamente per 5 o 6 giorni prima di reintrodurne un altro.
- Ripetete il procedimento.
Alimenti concessi e vietati nella dieta AIP
Affinché la dieta AIP possa dare buoni risultati, è necessario rispettare le regole sugli alimenti consentiti e proibiti. A questo proposito, bisogna tenere presente che le restrizioni sono molte. L’ideale sarà quindi consultare un nutrizionista per evitare carenze.
Cibi consentiti
- Alghe e verdure varie, a eccezione di quelle appartenenti alla famiglia delle solanacee.
- Pesci e crostacei di qualità ad alto contenuto di omega 3.
- Frutta fresca, in porzioni moderate.
- Alimenti fermentati e probiotici (kombucha, kimchi, crauti e kefir di cocco).
- Carni magre e fegato bovino.
- Olio di oliva, di cocco o avocado.
- Erbe e spezie che non siano derivate da semi.
- Dolcificanti naturali, come il miele, in quantità moderate.
- Brodo di ossa.
- Tè verde e nero.
Alimenti proibiti
- Solanacee come pomodori, patate, peperoni e melanzane.
- Cereali (riso, frumento, avena, orzo, segale e derivati).
- Legumi.
- Latticini.
- Oli vegetali (tranne quelli menzionati se possibile).
- Caffè.
- Uova.
- Frutta secca e semi.
- Alcol.
- Additivi alimentari come gli zuccheri raffinati e i grassi trans.
La dieta AIP funziona?
A oggi le ricerche scientifiche sulla dieta AIP restano limitate. Nonostante ciò, alcuni studi suggeriscono che è in grado di calmare l’infiammazione e le manifestazioni cliniche di alcune malattie autoimmuni. Più nel dettaglio:
Coadiuvante contro la permeabilità intestinale
Le malattie autoimmuni e l’infiammazione spesso si accompagnano a permeabilità intestinale.
La dieta AIP contribuirebbe a ridurre questo disturbo, l’infiammazione e i sintomi associati. Sono necessarie, tuttavia, ulteriori ricerche.
Aiuto contro i sintomi delle malattie autoimmuni
In aggiunta a quanto detto, va notato che la dieta AIP ha dato risultati positivi contro i sintomi di alcune malattie autoimmuni come la sindrome dell’intestino irritabile e la tiroidite di Hashimoto. È stata anche osservata una riduzione dell’infiammazione, compresa tra il 29 e il 68%.
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Quali sono gli svantaggi della dieta AIP
Il principale svantaggio è che si tratta di un modello alimentare restrittivo, soprattutto nella fase di eliminazione. Questa situazione non solo la rende difficile da seguire, ma potrebbe non essere adatta a tutti.
D’altra parte, chi segue questa dieta potrebbe sperimentare episodi di ansia o isolamento sociale a causa delle restrizioni. Se non viene pianificata in modo corretto, può causare anche seri deficit nutrizionali.
Non è garantito che questo protocollo ridurrà l’infiammazione e i sintomi delle malattie autoimmuni. Tuttavia molti ne sperimentano gli effetti positivi.
Consultare il nutrizionista è la scelta migliore
A prima vista, sembrerebbe facile seguire la dieta AIP se si tiene conto delle regole. Si tratta però di un regime che deve essere seguito con grande attenzione, in quanto comporta restrizioni alimentari non di poco conto.
È dunque fondamentale consultare prima un nutrizionista o il medico. Lo specialista vi aiuterà a determinare se questa dieta è adatta a voi e a pianificarla in modo corretto per evitare effetti avversi.
Bibliografia
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