Vi sarete già chiesti quanto tempo della nostra vita dedichiamo al lavoro. Secondo una ricerca americana, fatte salve alcune differenze e prendendo come riferimento la speranza di vita che è di 79 anni (negli USA), la risposta è 12 anni. In una vita lavorativa media di 45 anni e di 40 ore settimanali. Una cifra impressionante. Cosa succede quando decidiamo di rinunciare a un lavoro che non ci piace più?
L’occupazione può essere fonte di soddisfazione e benessere o esattamente il contrario. Ma in quest’ultimo caso, anche quando esistono le condizioni per farlo, la maggior parte di noi fatica a rinunciare al lavoro e quasi mai lo abbandona in modo diretto.
La verità è che un cattivo ambiente di lavoro, se causa di stress cronico, è una minaccia per la nostra salute. Lasciare tutto e cambiare lavoro è una possibilità che dobbiamo prendere in considerazione.
3 motivi per rinunciare a un lavoro che non ci piace
Cattivo clima lavorativo, stipendio inadeguato, umiliazione, violenza, un lavoro contrario ai nostri valori, nuovi interessi professionali o un cambio di qualifica. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui la maggior parte delle persone decide di rinunciare a un lavoro.
Tuttavia, possiamo riassumere i motivi per abbandonarlo in poche parole: salute, soddisfazione personale e scarsa produttività per mancanza di motivazione.
1. Proteggere la nostra salute
Qual è il costo che state pagando per mantenere il vostro lavoro? Ansia, insonnia, attacchi di panico, tristezza o rabbia costante?
Questi sono alcuni dei sintomi che possono comparire quando il lavoro si trasforma in noia, ma anche malessere o depressione. L’attuale situazione economica è critica, ma occorre considerare anche le ripercussioni sulla salute, spesso gravi.
2. Autostima e motivazione
Restare a lungo in ambienti in cui non ci sentiamo a nostro agio mina la nostra autostima e la nostra motivazione.
Prima di tutto perché smettiamo di sentirci utili. Inoltre perché, perdendo interesse in ciò che facciamo, diventa noioso il pensiero di dovere affrontare le nostre giornate e la creatività si assopisce.
3. Rischio di commettere errori
Quando funzioniamo con il pilota automatico, di pari passo con la motivazione, anche l’attenzione e la concentrazione si riducono e siamo più soggetti a commettere gravi errori.
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Consigli per lasciare un lavoro che non ci piace
Se non avete abbastanza motivi per restare, allora avete motivi per andarvene. Tuttavia, un conto è fantasticare, un altro è passare all’azione; può essere difficile convincersi o prendere la decisione migliore per la nostra vita.
Prima di rinunciare al lavoro, informatevi sulle modalità
Per una questione di responsabilità, e anche di reputazione, in genere si consiglia di non lasciare il lavoro da un giorno all’altro. È importante dare un preavviso e conoscere gli iter amministrativi e legali da rispettare.
Per quanto riguarda il preavviso, quanto tempo si considera adeguato? 15 giorni? Un mese? Per prima cosa, dovremmo vedere se il contratto di lavoro prevede questa clausola.
In secondo luogo, occorre valutare il posto che stiamo occupando e verificare quale margine di manovra lasciamo a chi resta. Ad esempio, se la nostra è una posizione chiave che richiede una formazione molto specifica, sarà ottimale dare più di 15 giorni di preavviso.
In questo modo ci sarà tempo per organizzare una selezione del personale e per affiancare, anche se per breve tempo, la persona che ci sostituirà.
Prepararsi a uscire
In relazione al punto precedente, è sempre meglio restare in buoni rapporti con l’ufficio. È meglio, quindi, condividere con i vostri superiori o l’ufficio risorse umane i motivi per cui state lasciando il lavoro. Ciò serve anche come feedback, in modo che possano apportare dei miglioramenti.
Sarà anche più prudente fare in modo che la prima persona a saperlo sia il capo, evitando che venga a scoprirlo da voci di corridoio. Infine, tenete presente che avrete bisogno di tempo per prendere tutti i vostri oggetti personali.
Vorrei, ma…
È importante capire quali sono le convinzioni, le situazioni o i timori che impediscono di lasciare il posto di lavoro. A volte si tratta di idee legate a una scarsa autostima (non riuscirò a trovare un altro lavoro), in altri casi a preoccupare sono le finanze. Qual è il vostro caso?
Liberarsi del senso di colpa
Lasciare un lavoro non è necessariamente la fine della vita lavorativa. È importante pensarlo come un momento di transizione, in cui ci concediamo tempo per conoscerci, per recuperare interessi e perfino per annoiarci.
A tale scopo, occorre affrontare il senso di colpa che nasce dal fatto di avere del tempo libero, soprattutto in una società che ci ha insegnato che vale chi produce.
Nel ritmo vertiginoso della vita quotidiana, spesso perdiamo la capacità di connetterci ai nostri interessi e di lasciare che la mente vaghi senza meta. In questi momenti possono, invece, nascere grandi idee che aiutano a reinventarsi e riorientarsi.
Pensare a scenari alternativi prima di rinunciare a un lavoro
Quando si lascia un lavoro non è necessario fiondarsi subito in un altro. L’importante, piuttosto, è immaginare un orizzonte a breve-medio termine che aiuti anche a calmare l’ansia.
Per esempio: controllate di quanti soldi avrete bisogno per soddisfare i vostri bisogni di base (cibo e affitto, soprattutto) e per quanto tempo potrete contare su questi risparmi. Ciò non significa che non possano verificarsi imprevisti lungo il percorso, ma l’impatto sarà minore.
Prepararsi
Molte volte accarezziamo l’idea di lasciare il lavoro perché stiamo pensando di sviluppare una nuova azienda o di cambiare completamente campo. In ogni caso è meglio prepararsi. Occorre scoprire cosa succede nell’area di interesse, aggiornare il curriculum, cercare corsi che possano aiutarci.
Non idealizzare
Rinunciare a un lavoro che non ci piace più non è né una tragedia né un passo meraviglioso. I primi sentimenti passeranno, per lasciare il posto ad altre emozioni.
È meglio non idealizzare né drammatizzare l’uno o l’altro scenario. Accettiamo che, così come ci saranno momenti buoni, dovremo affrontare anche problemi.
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Prendersi cura del proprio benessere psichico e rinunciare al lavoro se è necessario
Stare male sul posto di lavoro ha un effetto diretto sul nostro benessere psichico. Alcuni disturbi, come la sindrome da burnout, sono espressioni potenti e manifeste di una sofferenza quotidiana.
È importante rispettare i tempi e i processi, ma è anche necessario prendere sul serio la nostra decisione, senza aspettare che tutto si calmi o che i problemi si risolvano da soli.
In molte di queste idee si nascondono scuse e paure, ma a quale costo? Non bisogna abituarsi al malessere: meritiamo la possibilità di sentirci a nostro agio e di continuare a crescere.
Bibliografia
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- Ansoleaga Moreno, E., & Miranda-Hiriart, G. (2014). Depresión y condiciones de trabajo: revisión actualizada de la investigación. Revista Costarricense De Psicología, 33(1), 1-14. Recuperado a partir de http://www.rcps-cr.org/openjournal/index.php/RCPs/article/view/29
- Cantero-Téllez, Elizabeth Alicia, & Ramírez-Páez, José Antonio (2009). Factores psicosociales y depresión laboral: una revisión. Revista Médica del Instituto Mexicano del Seguro Social, 47(6),627-636.[fecha de Consulta 26 de Abril de 2021]. ISSN: 0443-5117. Disponible en: https://www.redalyc.org/articulo.oa?id=457745517008