La teoria delle fasi dello sviluppo psicosociale di Erikson descrive l’evoluzione degli esseri umani dall’infanzia all’età adulta. È considerata la base della teoria evoluzionistica e si compone di 8 fasi, ciascuna contrassegnata da un conflitto.
La risoluzione di ogni conflitto per tempo è ciò che permette alla persona di trovare il proprio potenziale di crescita. Se ciò non accade, è prevedibile che sorgeranno problemi di fronte a nuove sfide nelle fasi successive. Vi interessa saperne di più?
Le fasi dello sviluppo psicosociale di Erikson
Erikson, come Sigmund Freud, sosteneva che la personalità si sviluppa attraverso una successione di fasi. Tuttavia, mentre Freud basò la sua teoria sugli stadi psicosessuali, Erikson si concentrò sullo sviluppo psicosociale. Cioè, su come l’interazione e le relazioni sociali influenzino lo sviluppo e la crescita dell’essere umano.
La prima volta in cui Erikson parlò di fasi dello sviluppo umano fu nel 1950, nel suo saggio Infanzia e società. In esso era incluso il capitolo “otto stadi nello sviluppo dell’uomo”. Anni dopo, lo psicanalista ampliò la sua teoria in opere come Identity and the Life Cycle (1959), Insight and Responsibility (1964) e The Complete Life Cycle: A Review (1982).
Principio epigenetico di Erikson e fasi di sviluppo
Erikson postulò che lo sviluppo funzioni secondo un principio epigenetico. Ogni essere umano attraversa 8 fasi di sviluppo che sono intrinseche dalla nascita, ma che si dispiegano sia con un sistema innato sia con le influenze dell’ambiente attraverso esperienze, cultura e valori.
Ogni fase poggia sulle precedenti e apre la strada a una nuova fase. Pertanto, il progresso in ciascuno di noi è determinato da precedenti successi o fallimenti. Allo stesso tempo, ogni fase prevede una serie di funzioni di natura psicosociale.
Erikson le chiama “crisi” e afferma che queste devono essere risolte dall’ego di ogni fase affinché lo sviluppo avvenga correttamente. Qualsiasi interferenza con questo ordine naturale, ricade sullo sviluppo della persona.
In altre parole, se il soggetto non supera in modo ottimale i conflitti di ogni fase, potrebbe non sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide della fase successiva.
Le prime 4 fasi dello sviluppo psicosociale di Erikson comprendono l’infanzia, mentre le altre 4 coprono il periodo che va dall’adolescenza alla vecchiaia. Vediamole nel dettaglio.
Fase 1. Fiducia vs. sfiducia
Questa fase si estende dalla nascita fino ai 18 mesi. Il primo compito dell’ego è lo sviluppo della fiducia. I bambini imparano a fidarsi o non fidarsi degli altri. In questa fase, la qualità del rapporto materno gioca un ruolo importante.
Se i genitori o il caregiver offrono al bambino un rapporto di affetto e fiducia, il piccolo svilupperà la sensazione che il mondo, soprattutto la sfera sociale, è un luogo sicuro.
Al contrario, se i genitori non creano un ambiente sicuro, se rifiutano il bambino o se non soddisfano i suoi bisogni primari, il piccolo svilupperà sfiducia. Questa si manifesterà con sentimenti di frustrazione, insicurezza e insensibilità, a causa di ciò che accade nel suo ambiente.
Ciò non significa che i genitori debbano essere perfetti. Essere iperprotettivi può essere altrettanto dannoso. Secondo Erikson, questo secondo atteggiamento provoca un “disadattamento sensoriale” che si manifesta con una personalità eccessivamente credula o con tendenze depressive, paranoiche o psicotiche.
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Fase 2. Autonomia vs. vergogna e dubbio
Si sviluppa tra i 18 mesi e i 3 anni di età. È una fase caratterizzata da un aumento dell’autonomia, poiché il bambino inizia il suo sviluppo cognitivo e muscolare, soprattutto quando inizia a controllare gli sfinteri. Tuttavia, è un processo legato anche alla vergogna e al dubbio.
Ancora una volta, i genitori o i badanti sono figure determinanti per il completamento positivo di questa fase. Non devono scoraggiare o spingere troppo il bambino, poiché questo ha bisogno di esplorare e manipolare l’ambiente per sviluppare autonomia.
Se i genitori intervengono troppo o forniscono soluzioni, il minore penserà di non essere abile e finirà per arrendersi. Inoltre, devono evitare di prendere in giro il piccolo o rimproverarlo, poiché ciò ne aumenterà la vergogna e lo farà dubitare delle sue capacità.
Superare con successo questa fase consente ai bambini di sviluppare una forte e sana autostima. Al contrario, se ci sono interferenze, il bambino avrà difficoltà a risolvere i piccoli problemi e non svilupperà abbastanza fiducia in se stesso per prendere decisioni.
Fase 3. Spirito di iniziativa vs. senso di colpa
Questa fase va dai 3 ai 5 anni di età. Lo sviluppo intellettuale e fisico del bambino progredisce rapidamente. Il suo interesse a interagire con i coetanei aumenta e mette alla prova le sue abilità. In questo periodo la curiosità è maggiore, quindi è il momento di stimolarne la creatività.
Il bambino può già assumere il controllo attraverso il gioco, ma inizia anche a sentirsi responsabile… e colpevole. In un certo senso, provare senso di colpa gli permette di capire l’ingiustizia o l’errore. Tuttavia, è necessario evitare che questo sentimento si esprima in modo eccessivo, poiché lo farà sentire incapace di affrontare nuove sfide. In altre parole, il senso di colpa alimenta la paura.
Fase 4. Industriosità vs. inferiorità
Dai 5 ai 13 anni si verifica una delle fasi più importanti dello sviluppo psicosociale. Secondo Erikson, i bambini iniziano gradualmente a sostituire la voglia di giocare a favore di una maggiore produttività e desiderio di svolgere compiti più difficili.
Il loro interesse nel portare a termine attività che richiedono impegno personale, conoscenze e abilità è maggiore. Sperano anche di ottenere da ciò un riconoscimento. In ogni caso, la famiglia, la scuola e altre figure di riferimento sociali sono fondamentali per una sua stimolazione positiva.
Se ha difficoltà a portare a termine le sfide in questa fase, il bambino può provare un certo senso di inferiorità. È essenziale aiutarlo a gestire i fallimenti, altrimenti sceglierà di schivare qualsiasi sfida che ritenga difficile. per paura di provare di nuovo questa sensazione. Ciò può riflettersi anche nel comportamento verso i compagni di scuola.
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Fase 5. Identità vs. dispersione
Nella quinta fase dello sviluppo psicosociale di Erikson, i bambini sono ormai diventati adolescenti. L’intervallo tra i 13 e i 21 anni è un periodo in cui la domanda “chi sono io?” appare costantemente. Ed è proprio il momento in cui la personalità comincia a plasmarsi.
Gli adolescenti scelgono a chi assomigliare e quale ruolo vogliono svolgere nella società. Di conseguenza, agiscono in modo più indipendente e danno più importanza alla vita sociale. Inoltre, compaiono pensieri sul futuro, come cosa studiare o dove vivere. Grazie alle loro esperienze, rafforzano la loro identità.
È importante che in questa fase ci sia un discernimento tra le attività adatte all’età e quelle tendenzialmente “infantili”. Erikson sottolinea che superare con successo questa fase significa costruire una solida base per la vita adulta.
Fase 6. Intimità vs. isolamento
In questa fase, gli adolescenti diventano giovani adulti. Si sviluppa tra i 21 e i 39 anni. Sebbene sia ancora presente la necessità di rispondere ai desideri dell’ambiente di “adattarsi”, si stanno tracciando dei limiti su ciò che la persona non vuole sacrificare per compiacere gli altri.
Il compito principale a questo punto è raggiungere un certo grado di intimità, che risulta essere opposto all’isolamento. Cioè cambia il modo di relazionarsi, poiché si cercano relazioni intime in cui c’è un maggiore impegno reciproco. Questo, a sua volta, crea un senso di sicurezza e fiducia.
Quando non accade questo e la persona non trova un partner, compaiono promiscuità e solitudine. È presente la tendenza a scegliere relazioni superficiali e ad impegnarsi in comportamenti autodistruttivi. L’isolamento crea insicurezza e un sentimento di inferiorità che porta a problemi di carattere e insicurezza.
Fase 7. Generatività vs. stagnazione
Durante l’età adulta, tra i 40 e i 65 anni, l’essere umano inizia a dedicare più tempo alla famiglia e alle questioni lavorative. È una fase caratterizzata dalla ricerca di un equilibrio tra produttività e stagnazione. La produttività ha a che fare con la preoccupazione per le generazioni successive, non solo dei propri cari, ma anche della società in generale.
A questo punto, la persona capisce che la vita non riguarda solo se stessa. Pertanto, cerca di contribuire alla società e lasciare un’eredità. Come esempi, Erikson cita l’insegnamento, la scrittura, l’attivismo sociale e le arti. Raggiungere questo obiettivo porta a un senso di realizzazione.
Quando la persona sente di non aver contribuito alla società, arriva a pensare di non essere qualificata e perde il senso di realizzazione. Può persino entrare in una dinamica in cui non riesce a smettere di agire per sentirti utile, con conseguenze negative in altre aree.
Fase 8. Integrità dell’Io vs. disperazione
L’ultimo stadio si verifica dopo i 65 anni o nella cosiddetta vecchiaia. È il momento in cui la persona non è più così produttiva, le capacità si riducono e iniziano a verificarsi situazioni di lutto, come la morte di amici e persone care. Erikson suggerisce che la persona ha due opzioni: scegliere l’integrità o la disperazione.
Integrità significa poter guardare al passato con la sensazione di aver lasciato un segno, di aver raggiunto traguardi e che è valsa la pena vivere. Raggiungere questo stato consente, tra le altre cose, di risolvere i problemi in sospeso, ad esempio, riconciliarsi con qualcuno.
Al contrario, la disperazione evoca la nostalgia e fa predominare la paura della morte. C’è una disperazione costante e la paura di perdere l’autosufficienza e i propri cari.
Teoria delle fasi dello sviluppo psicosociale di Erikson: perché è importante?
Sebbene le fasi dello sviluppo psicosociale di Erikson siano state messe in discussione, questa teoria ha svolto un ruolo rilevante negli studi sociali e scientifici. Ha permesso di comprendere in larga misura come l’essere umano acquisisca e forgi la propria personalità e identità sociale.
Questi concetti hanno permesso lo sviluppo di strategie utili ad affrontare situazioni critiche e difficilmente risolvibili per il paziente. Inoltre, hanno trovato applicazione nella gestione e prevenzione di disturbi come l’ansia e la depressione.
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